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La diplomazia degli ostaggi. Come la Turchia di Erdogan rapisce cittadini stranieri
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Articolo di Redazione
20 agosto 2018 12:22
 
Un anno e mezzo fa lo statunitense Andrew Brunson fu incarcerato in Turchia - dopo che egli, pastore evangelico, aveva operato nel Paese per due decenni indisturbato. L’accusa improvvisa: spionaggio e sostegno a organizzazioni illegali. La settima scorsa [18 luglio, ndt] Trump, naturalmente su Twitter, aveva scritto che la detenzione di Brunson, sul quale incombono adesso 20 anni di carcere, era una “autentica vergogna” per la Turchia. Chiedeva a Erdogan di “fare qualcosa”. Tuttavia Erdogan, già l’anno scorso, guardando a Fethullah Gülen, aveva detto: “Anche da voi c’è un predicatore. Consegnatecelo, poi facciamo qualcosa qui nel processo, e riavrete il vostro uomo”.
La posizione: “Un predicatore per noi, uno per voi” documenta che la giustizia in Turchia sta agli ordini del governo e da qualche tempo applica la “diplomazia degli ostaggi”.
Allorché la Grecia, lo scorso dicembre dette asilo politico a un ufficiale turco che è sospettato di aver partecipato al tentativo di colpo di stato, Ankara fece arrestare immediatamente due soldati greci. Si supponeva, così affermarono le autorità della sicurezza turche, che avessero passato il confine in un pattugliamento.
Sono in corso le trattative tra le due capitali. Attualmente rientrano tra i compiti più difficili dei diplomatici occidentali ad Ankara. Stando all’ex ambasciatore degli Stati Uniti, Eric Edelman, dal tentativo di colpo di stato, avvenuto nel luglio 2016, la Turchia ha messo in carcere oltre 30 persone di nazionalità straniera. Otto di loro erano ancora prigioniere il primo giugno 2018. Vanno aggiunti i tre milioni e mezzo di profughi, che Erdogan usa come moneta di scambio con la minaccia di aprire i confini.
Di recente, il metodo “presa in ostaggio” viene completato da altri due: arresto di dissidenti all’estero via Interpol.
E rapimenti dai paesi che cooperano con Ankara. Berlino ne sa qualcosa. Appena la settimana passata Ali Ekber Düzova di Amburgo, che ha la doppia cittadinanza, è stato arrestato a San Remo e liberato solo dopo l’intervento del Ministero degli Esteri.
Con la presa in ostaggio di Deniz Yücel e Peter Steudtner in Turchia, nonché dello scrittore tedesco Dogan Akhanli in Spagna, dovrebbero essere verificati i limiti di negoziazione con la Germania.
Attualmente Berlino si sforza di normalizzare le sue relazioni politiche ed economiche con Ankara. Bisogna ricordare quanto segue: ogni concessione ha delle conseguenze. Questo sa chi, in occasione dei dirottamenti degli aerei, tratta con i pirati dell’aria che prendono in ostaggio i passeggeri. Lo scopo si raggiunge soltanto con una decisione senza compromessi, senza mettere in pericolo la vita degli ostaggi. Per liberare gli ostaggi dalla Turchia e per impedire che ne vengano presi di nuovi, c’è bisogno di una politica dai saldi principi che si difenda dai ricatti di Erdogan. Tutti e due i paesi traggono vantaggio dal normalizzarsi delle le loro relazioni. Ma se le relazioni non si basano sui diritti umani, sul diritto e la democrazia, ambedue le parti ne hanno danni. E il danno ammonterà a un conto che potrebbe risultare molto più elevato della foto di Özil [il calciatore tedesco della nazionale tedesca di origine turca che si fece fotografare con Erdogan e che ha abbandonato la nazionale per le polemiche scoppiate dopo quella fotografia].

(articolo di Can Dündar, pubblicato su Die Zeit n. 31/2018 del 25 luglio2018)
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