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Francia. Puo' un magistrato esprimere un'opinione? E fare anche il sociologo?
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Articolo di Rosa a Marca
21 settembre 2001 18:34
 
Jean-Pierre Colomines e' sostituto procuratore a Perpignan (Pirenei Orientali), responsabile della sezione droga.
Il 17 settembre e' apparsa una sua intervista sul quotidiano locale "L'Independant", nella quale affermava di essere favorevole alla depenalizzazione del consumo di cannabis, a determinate condizioni.
Secondo lui, la legge del 31 dicembre 1970, che punisce l'uso di stupefacenti con un anno di carcere e 25.000 franchi d'ammenda e' "obsoleta e inapplicabile", tanto che il suo ufficio non sanziona piu' il semplice consumo, e questo da almeno dieci anni.
Pronta la sua destituzione dall'incarico.
In un comunicato del 18 settembre, il procuratore della Repubblica Jean-Rene Floquet giudica "inaccettabili" le parole di Colomines e precisa che comunque non impegnano la procura di Perpignan, la quale continuera' ad applicare la legge con fermezza e determinazione, qualunque sia la sostanza stupefacente trattata. Interpellato da "Le Monde", il procuratore Floquet spiega la decisione presa contro il sostituto come una misura amministrativa interna al tribunale, e non come una sanzione disciplinare, che e' di competenza del Consiglio superiore della magistratura. E' una questione di principio -afferma il procuratore: quando un magistrato critica una legge che e' tenuto a far rispettare, non e' piu' credibile.
Alla procura generale della Corte d'appello di Montpellier, da cui dipende la procura di Perpignan, si spiega che il procuratore ha assolutamente ragione nel merito, e si sottolinea che la misura adottata contro Colomines s'inquadra in un contenzioso interno alla procura sulle interviste concesse dai sostituti senza l'autorizzazione del procuratore.
Peraltro, al di la' della fermezza manifestata, il procuratore Floquet ha riconosciuto che le azioni giudiziarie in materia di semplice consumo di cannabis non sono "sistematiche" e che possono essere sostituite da misure di ingiunzione terapeutica o di accompagnamento sanitario "come previsto dalla legge".
I sindacati dei magistrati gridano all'ipocrisia e dicono che Colomines paga per avere parlato chiaro, per avere detto cio' che tutti sanno. Ossia, che in Francia, tranne eccezioni, l'uso della cannabis non viene piu' punito. E' una realta', sarebbe ora di discuterne.
Colomines, da parte sua, si riserva di presentare spiegazioni scritte alla procura generale sulle dichiarazioni fatte alla stampa.
"Liberation" parla di cacofonia giudiziaria. In effetti, nel 1999 l'allora ministra della Giustizia E.Guigou raccomandava ai procuratori di avviare i semplici consumatori alle strutture terapeutiche; nel 2000 il ministro dell'Educazione J.Lang chiedeva un dibattito nazionale sul tema e, quest'anno, il ministro della Sanita' B.Kouchner ribadiva la necessita' di una discussione parlamentare, peraltro gia' sollecitata nel 1987 dall'allora ministro degli Interni C.Pasqua.
Tutte queste prese di posizione politiche sono rimaste lettera morta e la legge del 1970 e' tuttora in piedi.
In compenso, si assiste a una sua applicazione "sociologica".
Sentiamo cosa dice il procuratore della Repubblica di Nizza, E.de Montgolfier, sempre su "Liberation": Io tengo conto dell'evoluzione della societa' e delle affermazioni pubbliche di alcuni politici sulla questione, che si possono riassumere in "Si', ho fumato, ma non e' poi cosi' grave". A Nizza noi non condanniamo il semplice uso di cannabis, mentre a Parigi il tribunale commina sanzioni severe. I magistrati di Parigi hanno ragione da un punto di vista legale, ma sociologicamente io penso di non avere torto. E' tutta la nostra giustizia che pone il problema di accordare l'eguaglianza di fronte alla legge con il principio di opportunita' dei procedimenti, ossia la scelta lasciata al procuratore di perseguire o meno determinate infrazioni.
Forse la mancanza di un dibattito, con i relativi e conseguenti provvedimenti legislativi, crea una nebulosa giudiziaria. In Francia, come in Italia, e un po' ovunque in Europa.
Le leggi si possono e si devono modificare, ma una volta scritte nero su bianco, i magistrati le dovrebbero applicare in maniera rigorosa, piuttosto che trasformarsi in sociologi.
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