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Guatemala. Un Paese controllato al 60% dal narcotraffico
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Articolo di Redazione
16 febbraio 2011 14:45
 
Il 60% del Guatemala e' controllato dal narcotraffico, essenzialmente messicano, che recluta le bande della Mara Salvatrucha e corrompe i corpi di polizia e i giudici del Paese centroamericano. Cosi' fa sapere agli Usa, tra il 2007 e il 2010, il procuratore spagnolo Carlos Castresana, direttore della Commissione Internazionale contro le Impunita' in Guatemala (CICIG), dipendente dall'Onu. Le frequenti conversazioni tra il procuratore e l'ambasciatore Usa disegnano una nazione istituzionalmente debole e vulnerabile alle infiltrazioni della malavita organizzata in ambiti istituzionali, nonostante la buona volonta' del presidente Alvaro Colom. Minacciato, Castresana ha abbandonato il Guatemala, tornando in Spagna, dove presta la sua opera alla procura del Tribunal Supremo.
La diffusione dei cartelli messicani e' talmente ampia che il Governo, lo scorso Natale, ha decretato il coprifuoco nella provincia di Alta Verapaz per combattere i cartelli, armati con un “arsenale impressionante”, secondo il ministro della Difesa, generale David Munguìa. Il 60% del controllo del territorio attribuito al narcotraffico e' stato comunicato alla sottosegretaria aggiunta di Stato degli Usa, Julissa Reynoso, durante un viaggio in Guatemala nel 2009. La crescita della presenza delle mafie della droga nelle istituzioni, aveva coinvolto Carlos Quintanilla, destituito da capo della sicurezza del presidente Colom, perche' ritenuto complice della diffusione del cartello messicano dei Los Zetas in Guatemala -cosi' un telegramma dell'ambasciata Usa.
Quando l'ambasciatore Usa, Stephen Mc Farland, chiese a Castresana di collaborare con i corpi messicani di sicurezza nella lotta contro Los Zetas (che controllavano la maggior parte delle zone piu' estese, piu' popolate e piu' economicamente redditizie del Guatemala), il procuratore spagnolo rispose di non fare affidamento su di lui. Il direttore della CICIG preferi' ricorrere alla DEA (l'Agenzia antidroga degli Usa) del Guatemala per metterla in contatto con la Dea del Messico e identificare interlocutori messicani affidabili. “Castresana lamento' che le possibilita' di rovinare un'operazione erano molto alte se avesse trattato direttamente con le autorita' messicane”.
“C'era un complotto per uccidermi”
La lettura dei dispacci diplomatici sul lavoro di Carlos Castresana, appoggiato dall'ambasciatore Usa, accreditano le sue parole in questa nota dello scorso ottobre: “C'e' un complotto per uccidermi”. Accompagnato sempre da una scorta di 16 persone, limitando i suoi contatti con politici, deputati e magistrati penali, entro' ben presto in conflitto con il procuratore Generale Juan Carlos Florido, dimesso nel 2009, sul perseguimento giudiziale di persone influenti, in un Paese in cui il 98% dei reati rimane impunito.
E la gente importante non aveva nessuna garanzia che i colpevoli di reati sarebbero stati perseguiti: una coppia giovane, accompagnata dai propri figli molto giovani, fu aggredita da cinque poliziotti stradali che dopo averli derubati, torturati ed aver violentato la donna, li rilasciarono. “Fino ad allora, l'accaduto sarebbe stato comune e niente di notevole” dice Castresana. Ma il giovane era nipote dell'ex-ministro della Difesa, Julio Balconi e, facendo affidamento sulle proprie importanti conoscenze, il nipote e la sua donna presentarono denuncia penale contro la polizia. “per vendetta, due o tre mesi dopo, la stessa polizia sequestro' la giovane e la bimba che era con lei e le assassinarono” -fa sapere un telegramma. Uno ogni dieci poliziotti guatemaltechi, su un totale di 20.000, e' implicato in reati del genere, fanno sapere fonti ufficiali. Altre fonti aumentano queste percentuali.
Uno dei problemi rilevati dagli Usa e da Castresana e' che la maggior parte dei testi che potrebbero aiutare per sentenze di condanna, sono a loro volta criminali. La CICIG non ha risorse per mettere telefoni sotto controllo, ne' personale che sia in grado di controllare il movimento di soldi, ne' altri mezzi imprescindibili come, per esempio, un programma sicuro per la protezione dei testimoni. “Solo alcuni Paesi, Uruguay, Costa Rica e Cuba, pare che siano seriamente attrezzati”.
300.000 armi illegali e 6.000 assassinati ogni anno
La sospetta liberazione dal carcere dell'ex-presidente Alfonso Portillo (2000-04) nel 2008, dopo la sua estradizione dal Messico nel medesimo anno, ha dimostrato la fragilita' dello Stato di Diritto in un Paese di 14 milioni di abitanti, 300.000 armi illegali e 6.000 assassinati ogni anno. La presenza della CICIG in Guatemala era pericolosa perche' “persone potenti che erano state indagate” chiedevano la sua espulsione. Il procuratore spagnolo rivelo' all'ambasciatore alcuni particolari della cattura di Portillo, in liberta' condizionata per quattro anni, quando cercava di fuggire in Belize.
Portillo, accusato di malvessazione di fondi pubblici per piu' di 15 milioni di euro, fu messo in galera dal 26 gennaio 2010 grazie ad un'operazione congiunta del CICIG, la marina militare, la polizia nazionale, la Procura Generale ed elicotteri Usa. Nascosto in sei diversi luoghi sicuri per alcuni anni, fu catturato, secondo i telegrammi, cinque minuti prima di imbarcarsi in una lancia diretta in Belize, con la complicita' della guardia del corpo che le era stata assegnata dallo Stato. Portillo preferi' farsi processare in Guatemala, dove lo scorso 14 febbraio e' stato emesso giudizio contro di lui, prima di essere estradato in Usa dove sul suo capo pesa una condanna tra 10 e 20 anni di carcere per riciclaggio di denaro sporco.
Castresana avverti' l'ambasciata che la vita dell'ex-presidente era in pericolo in Guatemala perche' un cospicuo numero di ex-capi militari, conosciuti come La Cofradìa, sospettati di narcotraffico e altri reati, “alleati con Portillo quando era presidente, per arricchirsi con diversi milioni rubati dallo Stato, avrebbero potuto assassinarlo per assicurarsi che non avrebbe collaborato con le autorita' guatemalteche o americane”. Siccome il processo avrebbe potuto durare molto tempo, il procuratore spagnolo non scarto' l'idea che forse era meglio fuggire di prigione.
Attivita' contro l'impunita'
I dispacci diplomatici fanno riferimento ad assassinati disarmati, funzionari impuniti, magistrati sospetti nella Procura Generale di Juan Carlos Florido, ma anche all'attivismo dell'ambasciata americana e del direttore del CICIG nell'approvare iniziative e leggi contro la impunita'. “Colom aveva esitato nell'approvare i giusti provvedimenti grazie alla forte resistenza del suo consigliere generale, Carlos Larios Ochaìta. All'ultimo momento, una riunione con l'ambasciatore e il commissario Catresana convinse Colom a firmare il progetto di legge contro l'impunita'. Un episodio che dimostra lo scarso coordinamento tra il potere esecutivo e quello Legislativo”, scrive l'ambasciatore americano Stephen Mc Farland, alludendo “alla rampante corruzione nello Stato guatemalteco”.
Il diplomatico scrisse a Washington che “la credibilita' di Catresana ebbe un blocco quando il Parlamento non prese in considerazione le sue obiezioni contro 8 dei 26 candidati al Tribunal Supremo, perche' le sue argomentazioni contro erano minime”. Dopo due anni, il procuratore spagnolo comunico' al capo dell'ambasciata le sue percezioni sul Paese centroamericano: l'applicazione della legge non esiste e la CICIG, in un certo senso, cio' che fa e' l'autopsia di alcune istituzioni gia' morte.

(articolo di Juan Jesus Aznàrez, pubblicato sul quotidiano El Pais del 15/02/2011)
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