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INCLUSIONE – A te, Chiara, che sei volata via in una calda mattina di ottobre …
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Articolo di Annapaola Laldi
29 ottobre 2022 15:38
 
Non mi è affatto facile parlare di questa tragedia – il suicidio di Chiara, ragazza imprigionata in un corpo maschile, emarginata e bullizzata a morte a scuola e per strada, e, quello che le ha pesato di più, persino da padre, madre e sorelle, come ci riferisce Antonio A. Piedimonte, nel suo articolo su “La Stampa” del 28 ottobre. Per lei, infatti, quel rifiuto così netto, aveva infranto la speranza di avere, almeno fra le mura domestiche, quell’accoglienza e quel sostegno necessari per reggere alla persecuzione dell’ambiente esterno, tanto da farle abbandonare la scuola (sostegno, è bene e giusto notare, che invece, Sarah, la cui storia ho raccontato un mese fa, ha avuto sin dalla più tenera età)
 
Ma se abbiamo gioito con Sarah, mi pare giusto piangere con Chiara, con la sua vita spezzata due mesi prima di compiere 19 anni.
Ha una grande delicatezza l’incipit di questo articolo
Se ne è andata in punta di piedi, in una calda mattina di ottobre. Ha aspettato che la mamma uscisse di casa per volar via, così, cercando di non dar più fastidio. Chiara – il nome che si era scelta – aveva 19 anni e sin da piccola si era sempre sentita donna”.
 
Sono riuscita a farmi un’idea del suo calvario – e uso la parola con la massima gravità – leggendo anche altri articoli comparsi su siti della provincia di Napoli, dove Chiara è vissuta (abitava a Miano, vicino a Scampia) e ha messo in atto il suicidio. Evidentemente, le attenzioni e i tentativi di aiutarla del Gay Help Center , a cui si era rivolta a 17 anni, non sono bastati a immettere sufficiente fiducia nella sua mente, nella sua anima e nel suo cuore, a contrastare l'insopportabilità della discriminazione avvertita.
E proprio in questo centro se la ricordano bene, menzionando su Facebook che cosa aveva raccontato ai loro operatori: “‘A volte mi chiedo: cosa c’è di male? Io mi sento una donna, vorrei truccarmi, vestire al femminile, non da maschio. Vorrei avere più spazio e essere tranquilla … non avere paura. Spero che mi potete aiutare, davvero non so più che fare e mi sento in un labirinto senza uscita".
Il Gay Help Center l’aveva aiutata a sporgere denuncia tramite l’OSCAD (Osservatorio interforze del Ministero degli Interni, contro gli atti discriminatori). Fu collocata in comunità, dove però i minori trans non sono accolti sulla base della loro identità di genere, e quindi finì tra i maschi …  Ma non era finita. “La Stampa” riporta una frase di una operatrice del Centro:  «La strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i minorenni. Infine, c’è anche l’essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi» .
Operatori che fanno danni?”, chiede il giornalista, per sentirsi rispondere che, sì, “C’è bisogno di formazione, sia tra gli assistenti sociali sia tra chi lavora in comunità sia tra le forze di polizia”.
 
E siamo arrivati al ritorno a casa. Nel frattempo è morto il padre, e la madre è malata ; tutto ciò ha peggiorato le cose in quel piccolo appartamento di una periferia certo non facile di Napoli. Così, aggiunge l’operatrice del Centro di aiuto, “Lei è ancora più sola, senza un iter scolastico (che permetterebbe altri sostegni), senza un lavoro, senza soldi per avviare il percorso di transizione, senza un orizzonte”.  E, alla domanda di Piedimonte se è stata una tragedia che si poteva evitare, la risposta è  «Si, certo che sì. È per questo che sente la mia voce incrinata...”.
 
A Napoli, il suicidio di Chiara ha fatto, e giustamente, scalpore. L’assessore alle Pari Opportunità del Comune, Emanuela Ferrante, ha rilasciato questa dichiarazione:
È una vera tragedia, constatare che ancora oggi, nel 2022, un diciannovenne possa suicidarsi per questioni legate all’identità di genere ci dimostra che c’è ancora tanta strada da fare. Questa amministrazione è molto sensibile al tema. Non a caso Napoli è stata la prima città ad inaugurare una casa comunale per accogliere le persone LGBTQI. Inoltre nei prossimi giorni approveremo in giunta una delibera per istituire un osservatorio comunale sulla realtà LGBTQI per il contrasto all’omotransfobia”.
“Senza contare l’enorme lavoro svolto insieme a tutte le associazioni che sul territorio rappresentano un presidio permanente di contrasto alle discriminazioni di genere. L’obiettivo primario di questa amministrazione è quello di garantire pari dignità e tutela, a tutte le persone, indipendente dal sesso e dall’orientamento sessuale
”.
 
Dal canto suo, Alessandra Rossi, responsabile Gay Help Line, ribadisce quanto sia “fondamentale  e urgente trovare soluzioni strutturali per fermare la violenza, formando personale educativo e socio-sanitario consapevole e pronto a sostenere lo sviluppo fisico, psicologico e sociale dei ragazzi lgbt+, come loro diritto”, mentre Sonia Minnozzi, responsabile della Casa famiglia ‘Refuge Lgbt’ di Gay Center, ricorda di come abbia seguito Chiara dall’inizio fino a pochi mesi fa e assicura che “proprio nella sua memoria lavoreremo per accogliere sempre più ragazze e ragazzi come lei che vengono emarginati dalla società e/o dalle famiglie”.
E come conclusione sottolinea che, secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia dei diritti fondamentali, l’incidenza di autolesionismo e suicidio tra ragazzi Lgbt+ è doppia rispetto a quella tra i coetanei.
 
E siamo giunti anche alla conclusione di queste noterelle, in cui desidero trascrivere quello che misi, invece, all’inizio dell’articolo su Sarah. Perché è alla scienza che bisogna assolutamente fare ricorso in queste situazioni, lasciando da parte ogni pregiudizio personale, specialmente se e quando si ricoprano cariche pubbliche importanti, come la titolarità di un Ministero. E su questo bisogna insistere a tempo e fuori tempo, in continuazione, perché il rispetto di ogni persona deve prevalere su ogni altra considerazione. E io sono convinta che questo deve essere un impegno di ciascun cittadino o cittadina, proprio nella sua quotidianità. Attenzione: La libertà si afferma, non si difende.
 
E dunque ancora una volta mi sembra importante accennare alla disforia di genere (o incongruenza di genere, o transessualità)  https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/d/disforia-di-genere che “è una condizione caratterizzata da una intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso”. (Dove il sesso è l'insieme di tutte le caratteristiche biologiche che contraddistinguono l'essere femmine o l'essere maschi (sesso biologico), mentre il genere si riferisce a caratteristiche dipendenti da fattori culturali, sociali, psicologici che definiscono comportamenti considerati tipici per l'uomo e per la donna. Il sentire di appartenere intimamente all'uno o l'altro genere costituisce l’identità di genere). A questo proposito va detto che, di recente, l’OMS ha tolto l’incongruenza di genere dal novero delle malattie mentali. Dunque l’incongruenza di genere non è una malattia ; ed è stata inserita in un nuovo capitolo, quello della salute sessuale per "portare a una migliore accettazione sociale degli individui" e"migliorare l'accesso alle cure perché riduce la disapprovazione sociale".
Sembra dunque chiaro che la transessualità non è dettata da un capriccio o da una alterazione della psiche, ma è qualcosa di connaturato a quel determinato individuo, che quindi va aiutato a raggiungere la sua serenità, accettandone, anche sul piano legale, la sua collocazione nel genere a cui si sente di appartenere.
In Italia esiste l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG)  e ci sono importanti ospedali che hanno reparti dove viene affrontata questa realtà, con competenza scientifica e umanità.

 
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