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Lezioni dal caso Fazio
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Articolo di Paolo Sassetti *
28 settembre 2005 0:00
 
Mi capita scherzosamente di argomentare che il quotidiano cartaceo piu' rivoluzionario d'Italia sia quello che appartiene alla Confindustria. Lo sostengo scherzosamente per riservarmi una via di fuga dialettica ma e' quello che penso spesso in cuor mio."Nessuno e' perfet-to", avrebbe osservato Billy Wilder ma il contributo d'approfondimento critico sulle tematiche finanziarie che il quotidiano rosa offre e' generalmente di grande livello e di analogo livello il suo contributo alla formazione di una coscienza civile documentata.
In data 23 Settembre u.s. Il Sole 24 Ore ha pubblicato ampi stralci dell'intervento del(l'allora) Ministro dell'Economia Siniscalpo al workshop Ambrosetti di Villa d'Este. e' un do-cumento di straordinario interesse che consiglio vivamente di leggere. Le cronache parlano di una standing ovation al termine dell'intervento del Ministro.

Tra le altre cose, Siniscalco ha detto:
"La nostra banca centrale [la Banca d'Italia, n.d.a.] e' monocratica e non collegiale e non e' esattamente un campione di trasparenza, ha delle regole, se voi andate a vedere le istruzioni di vigilanza, che sono il regno della discrezionalita', si parla di "termini congrui", si parla di "au-torizzazione appropriata", c'e' addirittura un'informativa che si puo' rendere in forma orale ed a cui, nella leggenda metropolitana, non si rispondeva nemmeno oralmente ma con cenni del soprac-ciglio, quindi e' evidente che siamo (.) in un mondo arcaico".

Non e' stato un giornalista, un politologo, un politico in cerca di frasi ad effetto ad attribuire la qua-lificazione di "mondo arcaico" alla Banca d'Italia: e' stato il ministro "tecnico" del Tesoro (adesso ex) in persona. Ha descritto un mondo "arcaico", regno della discrezionalita' nell'esercizio dei suoi poteri, incapace d'auto-riformarsi nel tempo, refrattario ad ogni sollecitazione esterna di riforma, che ha sviluppato, proprio a causa della discrezionalita' in cui operava, una mutazione genetica de-generativa. Eppure, era un mondo ossequiato, blandito ed assecondato fino a ieri oltre ogni ragione-vole logica, a causa di una confusione grave tra il potere espresso dalla Istituzione e la sua adegua-tezza. Questo era Bankitalia ancora prima delle intercettazioni telefoniche, i cui contenuti devono considerarsi solo un sintomo del male, l'aspetto piu' folcloristico del male e non il male in se stesso. Il male era pre-esistente e Bankitalia era apparentemente (ma solo per i medici distratti) un portato-re sano, asintomatico.

Tuttavia, quando Bankitalia impose al Banco di Bilbao l'obbligo inedito di raggiungere il 51% nel controllo della BNL come condizione per renderne valida l'OPA, estrasse dal cilindro della discrezionalita' l'ennesimo coniglio deforme. Quella condizione fu giustificata con la necessita' di garantire un controllo stabile alla BNL quando, al contrario, nessuna delle principali banche italiane - neanche quelle governate da patti di sindacato - presenta un azionariato con un controllo maggio-ritario. Quella condizione imposta ad hoc per ostacolare il Banco di Bilbao fu, poi, precipi-tosamente ritirata ma, ancora una volta, nel Paese non emerse adeguata consapevolezza che quello era l'ennesimo sintomo di un virus devastante che, dal ceppo originario della "discrezionalita'", a-veva subito un mutamento genetico nel "puro arbitrio" e nella "fazione".

Tristemente, il Paese s'e' risvegliato dal sonno solo grazie al gossip delle intercettazioni te-lefoniche. Questa constatazione pone un serio problema politico perche' non e' pensabile che le ri-forme necessarie al sistema finanziario italiano procedano a colpi d'intercettazioni telefoniche, sull'onda dell'indignazione che suscitano, cosi' come solo gli scandali Parmalat e Cirio hanno in-dotto il Parlamento ad affrontare il problema della tutela dei risparmiatori, sia pure finora senza co-strutto alcuno. A nessuno sorge il dubbio che altre Authority (finanziarie e non) siano portatrici ap-parentemente sane di analoghe patologie, sia pur non cosi' gravi come quella emersa in Bankitalia? Credo che, una volta depositata la polvere delle "macerie" lasciate da Antonio Fazio (secondo la co-lorita ma centrata espressione usata da Salvatore Brigantini), dovra' giungere il momento per una riflessione piu' profonda e generale sul funzionamento delle Authority in Italia ed in Europa.

Un Paese civile non puo' restare ostaggio di regole immutabili e di comportamenti pilateschi. Da questo punto di vista la Banca Centrale Europea non e' esente da responsabilita' per la situazione che si e' creata. Sostenere, come ha fatto il Governatore Trichet, che i governatori nazionali non possono essere rimossi dai rispettivi governi nazionali (specie con una norma ad hoc, giu-dicata "disastrosa" per il precedente che creerebbe) e, al tempo stesso, sostenere che la BCE non e' competente per la loro rimozione, significa operare, di fatto, per lasciare l'Italia nella palude o affi-darsi ciecamente ad un organo autoreferenziale quale il Consiglio Superiore della Banca d'Italia.

Consideriamo laicamente la situazione. Con la cessione alla BCE della prerogativa di controllare l'offerta di moneta, Bankitalia ha preservato fino ad oggi la competenza sulla vigilanza e la concor-renza bancaria. Tuttavia, a ben guardare, storicamente sono sempre state unicamente (a) la preroga-tiva di battere moneta e (b) il compito preservare la stabilita' monetaria e di amministrare le riserve valutarie le ragioni vere ed ultime per garantire l'indipendenza di Bankitalia dai governi nazionali, indipendenza completata in Italia solo con il "divorzio" del 1981 tra Ministero del Tesoro (ministro Andreatta) e la Banca Centrale (governatore Ciampi).

Con la cessione della "prerogativa monetaria" alla BCE, Bankitalia e' diventata sostanzialmente un'Authority finanziaria non dissimile, per funzione, da quelle che controllano i mercati finanziari (Consob), le assicurazioni (Isvap), i fondi pensione (Covip), ecc.. La legge istitutiva della Consob attribuisce al Presidente del Consiglio il potere, sia pure in casi eccezionali d'estrema gravita', di rimuovere la Commissione Consob. Non si vede ragione razionale per cui Bankitalia oggi, senza piu' il privilegio del signoraggio, dovrebbe essere soggetta ad una regola diversa. Eppure, il dibatti-to in corso nel Paese (ed anche in Europa) su questo tema assomiglia piu' ad uno scontro ideologico tra idee preconcette e preconfezionate che ad una pacata riflessione sui poteri delle Authority finan-ziarie e sulle regole di funzionamento e di garanzia verso il mercato ed i cittadini (accountability) cui dovrebbero essere assoggettate.

L'idolatria, specie se istituzionale, non e' parte di una societa' moderna: il vitello d'oro dell'intoccabilita' di Bankitalia va fuso e trasformato in lingotti. Perche' cambiare gli uomini senza cambiare le regole non serve a nulla.

* Analista finanziario indipendente, socio Aiaf
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