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La libertà d’informazione in Europa è sotto attacco
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Articolo di Redazione
25 luglio 2020 16:03
 
Giornalisti sotto attacco, media che stanno affrontando una crescente incertezza economica, una generale stagnazione del pluralismo e della libertà nel panorama informativo. Questo è il quadro che emerge dallo studio del Center for Media Pluralism and Media Freedom di Firenze.
La ricerca si è basata su quattro aree di interesse, che riguardano la protezione di base dei giornalisti, la pluralità del mercato, l’indipendenza politica e l’inclusione sociale. Mentre i Paesi esaminati sono tutti gli Stati membri dell’Unione europea più il Regno Unito incluso, le nazioni candidate per entrare nell’Ue, Turchia e per la prima volta Albania. Gli anni presi in esame sono il 2018 e il 2019.

In termini di sicurezza fisica e digitale, continuano a rappresentare un problema le minacce e le molestie nei confronti dei giornalisti, in aumento in tutta Europa. In particolare contro le giornaliste si registra un aumento degli attacchi da parte di politici e della platea virtuale, con un impatto, secondo lo studio, «devastante sulla loro libertà di espressione».

L’indicatore per la protezione della libertà di espressione online mostra inoltre che una delle principali fonti di rischio per i professionisti è la mancanza di trasparenza da parte delle piattaforme web nel giustificare e riferire sulle loro politiche di moderazione dei contenuti. A questo si aggiungono una protezione insufficiente degli informatori, le cattive condizioni di lavoro per i giornalisti e l’uso arbitrario di azioni legali nei loro confronti.

Nella relazione si ricordano gli omicidi di Jan Kuciak e Martina Kušn¡rov  in Slovacchia, di Lyra McKee in Irlanda del Nord e di Viktorija Marinova in Bulgaria, a dimostrazione che l’Europa non è immune dalla violenza contro i giornalisti. «Le minacce e le molestie nei confronti dei giornalisti si stanno verificando sempre di più nella sfera online e in particolare contro le donne giornaliste», ha affermato il professor Pier Luigi Parcu, direttore del Center for Media Pluralism and Media Freedom presso l’IUE (European University Institute). «Ancora più preoccupante è la potenziale normalizzazione delle minacce contro i giornalisti da parte dei politici, coloro che al contrario sarebbero nella posizione migliore per promuovere un ambiente favorevole», ha aggiunto.

Ciò sta accadendo in un contesto di crescente incertezza per la sostenibilità economica dei media, dell’industria stessa e della diversità e del pluralismo di informazioni e notizie di qualità. La sostenibilità del settore infatti è stata ulteriormente indebolita dal ruolo dirompente degli intermediari digitali che stanno sempre più drenando le entrate pubblicitarie dal settore editoriale. In questo peggioramento del panorama economico, 14 paesi hanno registrato un alto rischio di influenza sui contenuti editoriali da parte di attori terzi con interessi commerciali.

Quanto all’indipendenza politica, solo sette Paesi dell’Ue hanno registrato un rischio basso. La pubblicità statale, che può essere vista come una forma di supporto ai media, specialmente in una situazione in cui le organizzazioni mediatiche lottano per sopravvivere, persiste nell’essere un problema per molti Stati. La maggior parte dei paesi (21) ha ottenuto un rischio elevato perché non dispone di un quadro per garantire che la pubblicità statale sia distribuita ai media sulla base di regole eque e trasparenti. A questo è spesso associata una troppa influenza della pubblicità politica online rispetto ai media audiovisivi fortemente regolamentati.

Solo quattro dei 30 paesi esaminati, per di più, hanno quadri normativi che sembrano essere efficaci nel contrastare i discorsi di odio online, in particolare per quanto riguarda i gruppi sociali vulnerabili, come le minoranze, le persone con disabilità e le donne.
C’è poi la questione delle minacce economiche legate all’elevata concentrazione di intermediari digitali. Quest’ultimi dominano più della metà del mercato in tutti i Paesi e ciò mette a rischio la sostenibilità economica del giornalismo di qualità.

(Articolo di Pietro Mecarozzi, pubblicato su Europea/Linkiesta del 25/07/2020)
 
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