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Noterelle dal diluvio universale del XXI secolo/9 – Guerra ai senzatetto – ovvero quando l’idiozia si fa crudeltà
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Articolo di Annapaola Laldi
5 febbraio 2021 19:23
 
 Kurt e Lady – mi tornano in mente loro due, Kurt un tedesco senza fissa dimora da almeno 50 anni, amico fedele e trepidante di Lady, la sua fedelissima cagnona con almeno un quarto di ascendenza labrador. Me li rivedo davanti, dopo forse vent’anni, seduti contro il muro di una casa del centro del paese dove abito, senza alcun segnale che chiedessero l’elemosina. Ma qualcuno si fermava e offriva un contributo, bene accetto; e anch’io mi fermai, e fu l’inizio di una quasi amicizia, rinnovata ogni volta che l’inseparabile coppia ricapitava in zona.
La comunicazione verbale  procedeva a singhiozzo, essendo il suo italiano e il mio tedesco parlato un po’ limitati; eppure ci dicemmo diverse cose.
Per esempio, seppi che Kurt aveva un furgone, dove lui e Lady potevano passare la notte e le giornate rigide o piovose, nonché spostarsi verso il sud Italia alla ricerca di un luogo più caldo, quando qui arrivava l’inverno. Infatti, in quella stagione non li vedevo più. E mi rassicuravo, pensando che stessero meglio in Puglia, che Kurt mi aveva detto di amare.
Ma venne un giorno – l’ultimo giorno che ci vedemmo – che ricordo all’insegna della tristezza. Qui cominciava a fare freddo e Kurt aveva una tosse persistente e gli occhi lucidi di febbre. Ma no, non era niente, bastava che si riposasse un po’, ma, mentre mi diceva questo, dal tono della voce trapelava una grande trepidazione e, forse, rassegnazione. La sua paura più grande me l’aveva confidata una volta precedente: ammalarsi, morire e dover abbandonare Lady …
Da quel giorno, che mi congedai da lui con grande preoccupazione, non l’ho più visto. Vorrei pensare che, semplicemente, abbia deciso di rimanere al sud, ma non so togliermi dalla mente che non ce l’abbia fatta. E Lady? - mi sorprendo a chiedermi. E mi si stringe il cuore.
 
Ecco. Queste immagini sono risalite, a sorpresa, alla mia coscienza, leggendo, ieri l’altro, 3 febbraio, sul quotidiano “La Stampa” (di carta), un articolo a tutta pagine nella “Cronaca di Torino”, che parla della “guerra strisciante ai senza tetto” , dichiarata loro dalla Giunta Appendino: se avete un cane, non chiedete l’elemosina, perché altrimenti ve lo portiamo via – come se chi vive in strada possa scegliere se appellarsi o no all'aiuto degli altri.
Si parla di un giro di vite, e l’espressione mi fa venire in mente quello strumento di tortura che, stringendo una vite, appunto, straziava le carni del prigioniero. Qui si strazia il cuore, si strazia l’anima, perché per uno che è senzatetto e senza affetti, l’amicizia con un animale, di solito un cane, è essenziale per la sua sopravvivenza e per il suo residuo benessere, fisico e mentale. E siccome non ha tetto né affetti, come fa a non morire di fame se non chiedendo l’elemosina? Sostengono ciò con fermezza anche i volontari che la sera passano a distribuire tè caldo e biscotti a chi è costretto a passare la notte in strada: «Togliere i cani ai senza tetto che chiedono la carità è una cattiveria inutile, nei confronti di persone sole e molto spesso fragili. Ricordiamoci che abbiamo a che fare con uomini e donne la cui socialità è ridotta zero».
 
Ma, per capire un poco, quel tanto sufficiente a non infierire su chi è già terribilmente provato dalla vita, basterebbe, il giro, farlo per le strade, e osservare con attenzione la mutua relazione tra cane (raramente anche un gatto) e umano, magari anche chiedere ai diretti interessati. Lo sanno questi sedicenti giustizieri, questi “cavalieri dell’apocalisse” che spesso il senza tetto non ha documenti suoi, ma ha il libretto sanitario del suo quattrozampe perfettamente aggiornato, perché al suo animale ci tiene più che a se stesso? Che, quindi, una parte di quei soldi che riceve in elemosina, sono dedicati alle cure, di cui esso ha bisogno? Certo, anche grazie alla sensibilità di alcuni veterinari che, pur di andare incontro alla coppia umano/animale, fanno sconti di una certa entità, se non addirittura curano gratis.
Un suggerimento all’Amministrazione comunale di Torino: perché non perseguire anche questi professionisti traditori della società crudele da essa pretesa?
Società crudele e perfettamente idiota quella che risputa dalla sua bocca la favola che il mendicante guadagna fino a 100 (cento) euro al giorno. Ma si rende conto, chi dice queste cretinate, del tipo di vita che fa questa gente? E se davvero la vita del senzatetto è così lucrosa e fa così invidia, perché lorsignori non si mettono a chiederla anche loro l’elemosina?  E a passare le notti all’addiaccio, anche quelle con temperatura sottozero?
 
Ma se la notizia del 3 febbraio mi aveva già messo addosso una tristezza tremenda, oggi, 5 febbraio, se ne aggiunge un’altra, se possibile, ancora peggiore  – un’altra trovata della giunta Appendino: requisire le coperte e altre cose di “proprietà” di questi ultimi tra gli ultimi, e gettare tutto nei cassonetti dell’immondizia.
Una notizia annunciata in prima pagina da “La Stampa” e ripresa a pagina 14 nell’articolo dal titolo: “Torino, l’ultimo schiaffo ai clochard del centro – I vigili li cacciano buttando via le loro coperte”, seguíto dal commento di Elena Loewenthal. Il tutto non reperibile liberamente in rete, perché criptato, ragion per cui mi vedo obbligata a citare qualche riga dei due scritti.
 
Nel tentativo di passare per migliore di quel che è, il Comune di Torino aveva dato alla Polizia di Stato la colpa di avere gettato via  i poveri averi dei mendicanti; ma la Polizia ha precisato che si è limitata a identificare sette persone, accompagnando in questura tre stranieri irregolari, e ha dichiarato che a occuparsi “della rimozione e sanificazione” è stata la polizia municipale, smentendo così quanto affermato prima dal Comune “noi non abbiamo fatto nulla, era un’operazione della polizia”. Insomma, la bugia ha avuto le gambe parecchio corte.
 
Seguono la dichiarazioni della Comunità di sant’Egidio  che si chiede perché ci sia sempre  questa paura, perché vengano usati questi modi e queste parole verso gli ultimi. E suggerisce un’alternativa civile e rispettosa: andare a parlare con queste persone, dire loro che lì (in centro) non ci possono stare, ma “offrire loro anche delle alternative vere”. Che, in questo caso, non c’erano.
Anche il Gruppo Abele , che, sotto la guida di don Luigi Ciotti, è attivo a Torino da 50 anni, interviene sulla questione: “Le dichiarazioni recenti e questi provvedimenti presi nei mesi freddi e in un periodo, in cui la crisi economica ha aumentato il numero dei senza fissa dimora, rappresentano bene lo scollamento in atto da parte delle istituzioni e della cittadinanza”. E, in un’altra lapidaria dichiarazione insieme a “Rainbow 4 Africa” si afferma: “Non vogliamo più essere la foglia di fico dietro cui nascondere le vergogne della politica”.
 
Dal canto suo, Elena Loewenthal, nel commento dal titolo “La disumanità non è mai la soluzione”, dopo aver osservato che “ogni barbone è una storia a sé e forse dovremmo imparare ad ascoltarle, una per una, per scoprire che sono tutte diverse e non se ne può proprio fare un unico fascio”, aggiunge. “Ma la scena di ieri li riguarda tutti […] ed è una scena che disturba, che lascia negli occhi e giù, in fondo alla pancia, un senso impotente di amarezza. Possibile che non ci fosse altra soluzione per ripristinare il ‘decoro’ del centro? Possibile che si dovesse farli alzare, piegare i cartoni, raccogliere le stoviglie usa e getta usate chissà quante volte, i sacchetti di plastica pieni di chissà cosa, e buttare tutta quella materia di vita, insieme alle coperte?”. E poi Loewenthal aggiunge che è difficile pensare che questa ‘pulizia’ sia la soluzione del problema costituito per il centro dai senza fissa dimora, per proseguire: “Non lo è perché non è una soluzione, bensì una rimozione, in senso tanto materiale quanto etico (anzi, niente affatto etico). E rimuovere un problema è proprio il contrario del risolverlo. Senza contare la plateale disumanità del gesto in sé: nessuna vita merita un trattamento del genere, neanche se è la vita che si è scelto di condurre. E tanto più se fuori fa freddo e tocca pure abbandonare così nella spazzatura anche la coperta”.
In pratica, la sciagurata scelta del Comune di Torino butta nel cassonetto anche i princípi morali e civili, a cui non si dovrebbe mai rinunciare.

Concludo con una domanda che mi sono fatta sulla giunta Appendino: perché proprio ora tutta questa crudeltà? Forse per non restare indietro a diverse altre giunte, di solito leghiste, che si sono distinte per atti analoghi, come l’impunita Angela Corengia, assessora di Como nel settembre 2020,  oppure il vicesindaco di Trieste, che, pochi giorni fa, ha gettato nel cassonetto abiti e coperte momentaneamente lasciati da qualche barbone, oppure, tra gli altri, ahimè troppo numerosi, l’atteggiamento ostile del Comune di Vicenza che fa gettare acqua fredda sui barboni addormentati e li multa per violazione del coprifuoco?
Tutta questa crudeltà idiota, insensata, che non risolve i problemi, ma li aggrava, e che avvelena la vita civile delle città e l’anima della gente, mi fa pensare che chi perpetra queste cose è come un esercito ormai in fuga che compie, proprio ora che è sconfitto, le sue più orrende nefandezze, dai roghi appiccati ai villaggi ai massacri di civili inermi – vecchi, donne, bambini anche appena nati.
Naturalmente, ogni riferimento a fatti realmente accaduti è più che voluto!
 
 
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