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Referendum: che cosa sceglieremo?
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Articolo di Alessandro Gallucci
6 giugno 2011 11:14
 
Domenica 12 e lunedi’ 13 giugno 2011 i cittadini italiani saranno chiamati al voto per esprimersi su quattro referendum popolari per l'abrogazione di disposizioni di leggi statali. Questo quanto si legge sul sito del ministero dell’Interno e che si sente dire negli spot istituzionali che vanno in onda sui canali radiotelevisivi. I quesiti, com’e’ piu’ o meno noto, riguarderanno l’energia nucleare, l’affidamento a privati dei servizio idrico e degli altri servizi pubblici locali di rilevanza economica ed il legittimo impedimento a comparire nelle udienze penali per il presidente del consiglio dei ministri e per i ministri. Sul come si debba materialmente votare, pochi dubbi: mettere una croce sul “si” vuol dire esprimersi per l’abrogazione della legge, optare per il “no” significa lasciare tutto invariato. Chiaramente alla soppressione di una legge o di un suo articolo molto spesso dovrebbero seguire atti legislativi e regolamentari utili a conformare il sistema vigente a quanto gli elettori abbiamo inteso esprimere con il loro voto. Non sempre accade, anzi molto spesso il responso delle urne e’ stato palesemente ignorato dal legislatore. Quanto successo per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti ne costituisce la prova piu’ eclatante.
Al di la’ di questi aspetti, molto spesso ripetuti come una litania, non sempre e’ chiaro l’oggetto del voto e le conseguenze in un caso o nell’altro. I comitati referendari sovente e per varie ragioni (non ultima quella piu’ bassa di puntare sulle paure e le pulsioni delle persone piuttosto che su argomenti razionali a sostegno delle loro tesi) tendono a semplificare la loro posizioni in slogan vuoti che non aiutano a capire perche’ sia utile esprimersi in un modo piuttosto che in un altro. Ma anche studiare e dibattere gli argomenti oggetto della consultazione referendaria per comprendere piu’ da vicino su che cosa saremo chiamati ad esprimerci non e’ sufficiente. Che cosa fare, allora? Ognuno di noi per votare consapevolmente deve anche domandarsi: come il voto puo’ incidere sulla nostra vita quotidiana? Il voto porta con se’ la necessita’ di modificare i nostri comportamenti?
Proviamo a dare risposta a queste domande che rappresentano la premessa necessaria ad una scelta pienamente consapevole.

Referendum popolare n. 1 – Modalita’ di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione Referendum popolare n. 2 – Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma
La legge sulla quale si va ad intervenire (il c.d. decreto Ronchi) disciplina, tra le altre cose, in ossequio agli obblighi comunitari che ce lo impongono, l’affidamento a privati di servizi pubblici locali di rilevanza economica. Tra questi rientra la distribuzione dell’acqua poiche’, nessuno lo mette in dubbio, il bene in se’ e la rete di distribuzione restano di proprieta’ pubblica. Chi vota “si” ai due quesiti citati si esprime nel senso di non ritenere possibile l’affidamento ai privati di questo servizio ne', tanto meno, che il capitale investito nell’impresa possa essere remunerato, ossia che in sostanza possa produrre profitto. Si dice che l’acqua e’ un bene pubblico o meglio ancora un bene collettivo tant’e’ che qualcuno ha anche ipotizzato in relazione ad essa l’applicazione dell’art. 43 della Costituzione (si tratta in sostanza di una norma che consente la statalizzazione di alcune imprese particolarmente rilevanti per la collettivita’). Affrontare un discorso cosi’ complesso agitando lo spauracchio del profitto come male da estirpare pare, tuttavia, fortemente riduttivo e anacronistico. Il mercato non deve essere visto come la peggiore delle soluzioni anche se le liberalizzazioni all’italiana ed alcuni esempi proprio in materia di gestione delle risorse idriche potrebbero portare a questa conclusione. L’esperienza ci insegna che dove c’e’ un reale concorrenza c’e’ maggiore benessere. Il risultato cui bisogna tendere e che deve essere preteso, pure per l’acqua, e’ il miglior servizio al minor prezzo possibile per il cittadino-consumatore. Quindi vale la pena domandarsi: siamo sicuri che la gestione pubblica sempre e comunque garantisca tutto cio’? Al di la’ dell’esito del referendum, poi, e’ l’approccio di tutti che deve cambiare rispetto a questo bene. Cio’ che serve e’ una seria presa di coscienza individuale e diffusa dell’esauribilita’ dell’acqua e quindi di un suo sfruttamento piu’ razionale, come si conviene per una risorsa esauribile. Non differente, pur con i dovuti aggiustamenti del caso, il discorso per gli altri servizi pubblici locali di rilevanza economica. Siamo davvero convinti che la gestione del trasporto pubblico locale debba essere effettuata direttamente dagli enti e che, nel rispetto delle regole, non sia forse piu’ conveniente, in termini di efficienza e risparmio, affidarla all’esterno? Anche qui: l’esperienza spesso fallimentare delle societa’ private a partecipazione pubblica, spesso diventate carrozzoni per gestire ed ampliare clientele e quindi malaffare, non devono essere la scusa per un arretramento nel percorso dell’apertura dei mercati ma un punto di partenza per una revisione delle leggi in favore di una maggiore liberta’ d’intrapresa e quindi della concorrenza. E’ la stessa antitrust che lo chiede ormai da anni.

Referendum popolare n. 3 – Nuove centrali per la produzione di energia nucleare. Abrogazione parziale di norme 
Il discorso per l’energia nucleare non e’ molto diverso da quello fatto per l’acqua. Al di la’ delle affermazioni propagandistiche e delle campagne che puntano a far leva sulla paura collettiva cio’ che deve domandarsi e’ se questo genere d’energia possa davvero essere utile e conveniente. La risposta, stando almeno ad alcune indagini in termini di costi benefici, e’ negativa. Cio’ quanto meno per quelle che sono le indicazioni sulla redditivita’ di tale metodo di produzione (e quindi al reale vantaggio per i consumatori in termini di risparmio). Anche il fatto che la realizzazione delle centrali sarebbe finanziata interamente con denaro pubblico, perche’ i privati non trovano convenienza in un investimento troppo lungo, dovrebbe lasciare pensare. Alle questioni prettamente economiche, tuttavia, vanno affiancate quelle ambientali e di tutela della salute. Non usando lo spettro delle immani sciagure successe altrove nel passato piu’ o meno recente; se questo fosse il metro di giudizio bisognerebbe muoversi senza indugio per chiedere di non usare piu’ automobili e ogni altra cosa che – dati alla mano e silenziosamente – provocano giornalmente danni irreparabili all’uomo ed all’ambiente. L’azione dev’essere orientata verso la promozione un nuovo modello di sviluppo sostenibile, alternativo a quello attuale, che preveda la riduzione degli sprechi e quindi la razionalizzazione massima delle risorse soprattutto in favore di un miglioramento della qualita’ della vita delle persone e di salvaguardia dell’ambiente. Pure in questo caso, quindi, il voto favorevole all’abrogazione dovrebbe essere accompagnato da un modo di fare che nel quotidiano sia in grado di realizzare davvero un uso piu’ razionale di ogni bene che comporti l’uso di energia.
Quanto detto con riferimento al “SI” vale ugualmente per chi intenda votare per mantenere l’attuale legislazione. Pure in questo caso il fatalismo propagandista – spesso riassunto nella cantilena “siamo circondarti da centrali nucleari, quasi a dire con gli stessi impianti nel nostro Stato cambierebbe poco – lascia il tempo che trova. Essere favorevoli alla realizzazione di centrali nucleari non puo’ voler dire cedere il passo alla schizofrenia dell’attuale modo di vivere e del sistema produttivo; significherebbe confondere il pragmatismo con l’arrendevolezza, Essere pragmatici, invece, non vuol dire dover accettare passivamente qualunque condizione sociale escludendo a priori la possibilita’ d’agire per migliorarla ma al contrario valutare praticamente la sostenibilita’ (in termini presenti e futuri) d’una determinata azione. Quanto detto si rafforza anche in ragione del fatto che pure l’energia nucleare non e’ un’energia rinnovabile con tutto cio’ che ne discende in termini di sfruttamento razionale ed esauribilita’ delle riserve. Uso consapevole e razionale, dunque, paiono essere anche alla base di chi votera’ “NO”.

Referendum popolare n. 4 – Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.
Si tratta del quesito che, per le note ragioni, viene spesso ad essere indicato come un referendum su Silvio Berlusconi. Il livello dell’informazione e della democrazia nel nostro paese fanno si' che, purtroppo, il pensiero vada immediatamente e distortamente a evocare lo spettro delle cosi’ dette leggi ad personam e quindi alla necessita’ di dare un segnale a chi ci governa che il suo modo di agire e’ sbagliato. Al di la’ delle effettive motivazioni che hanno portato alla promulgazione della cosi’ detta legge sul legittimo impedimento ed alla successiva pronuncia della Corte Costituzionale, che ne ha ridotto fortemente gli effetti pratici, e’ bene evidenziare che cio’ su cui siamo chiamati ad esprimerci e’ molto piu’ importante dell’attuale presidente del consiglio. Quanto ci viene chiesto riguarda il modo d’intendere la posizione delle alte cariche dello Stato nell’ambito del nostro ordinamento giuridico. La vicenda, tutt’altro che semplice, dell’equilibrio tra poteri dello Stato riveste un’importanza fondamentale nel moderno Stato di diritto. Ridurla ad una vicenda che riguarda solamente Presidente del Consiglio sarebbe eccessivamente limitativo. Oltre allo specifico quesito, quindi, c’e’ da scegliere tra una concezione totalmente egualitaria tra i cittadini ed una che, invece, consenta distinzioni e quindi trattamenti differenziati a seconda della carica rivestita.
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