Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 617/2017 dello scorso 23 febbraio 2017, ha confermato l'orientamento che da tempo si sta assestando nei tribunali italiani, secondo cui le prestazioni socio-sanitarie rese ai soggetti gravemente affetti da morbo di Altzheimer, sono a carico esclusivo delle Asl.
Avevamo già dato conto di come altre recenti pronuncie avessero sottratto queste particolari prestazioni all'usuale criterio di ripartizione dei costi di ricovero, che prevede la ripartizione fra Asl da un lato (quota sanitaria) e Comuni/utenti (quota sociale o alberghiera) dall'altro, per restituirle al loro corretto inquadramento. Si tratta di prestazioni socio sanitarie ad alta integrazione sanitaria, ossia a preminente carattere sanitario, il ché le rende di competenza prima di tutto tecnica, e quindi anche economica, del Sistema Sanitario.
La sentenza in esame, ripercorre le tappe normative e giurisprudenziali del consolidarsi di questo orientamento, citando in primo luogo l'art. 30 della legge 730 del 1983 e successive modificazioni, la Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1003 del 1993 e le altre più recenti: la n. 4558 del 2012 (di cui abbiamo già avuto modo di scrivere) e la recentissima n. 22776 del 2016.
Il Tribunale di Monza chiarisce che per poter addivenire ad una soluzione ripartitoria dei costi, occorre considerare“lo stato di salute nel periodo del ricovero, le esigenze terapeutiche le esigenze terapeutiche (comprendenti non solo l'assistenza medica generica e specialistica, ma anche quella infermieristica, riabilitativa e di somministrazione dei farmaci) connessa a tale stato.”
Diversamente, andranno ricomprese nell'alveo delle “prestazioni socio-assistenziali tutte quelle meramente sostitutive dell'assistenza familiare, ove il personale svolge una attività di mera assistenza e sorveglianza.”
Infine, in conformità con numerose pronunce di altri tribunali, il Giudice dichiara nullo il patto con cui l'utente (il suo parente) si era impegnato al pagamento della retta di ricovero, e ciò perché, non sussistendo l'obbligazione principale ossia la quota sociale, l'impegno risulta privo di causa e come tale nullo.
La sentenza si conclude con un rimborso di quanto indebitamente corrisposto alla Rsa e con la condanna alle spese a carico del soccombente.