Roma, 17 Aprile 2001. Il pesce e' fresco e buono? Il consumatore non lo deve sapere. Dove e' stato pescato o allevato? Il consumatore non lo deve sapere. Le analogie con la carne, bovina e non, sono evidenti -dichiara Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc. Eppure il regolamento comunitario, n.2406 del 1996, sulla freschezza, prevedeva la classificazione del pesce in tre categorie, extra, A e B, che doveva essere indicata in cartelli con caratteri alti non meno di 5 cm. Di questi cartelli non se ne sono visti e il motivo e' molto semplice: mancano le sanzioni oltre alla "convinzione" che e' bene che il consumatore non sappia. Recentemente e' stato approvato un regolamento comunitario (n.104/2000) che prevede la etichettatura del pesce dal 1° gennaio 2002 (e' lo stesso tempo previsto per la etichettatura della carne bovina!), con l'indicazione del luogo di provenienza e la denominazione commerciale della specie. Scopriremo, nel 2002, le cozze cilene, le cappesante neozelandesi, la razza australe e il totano del Pacifico. Cosi' come scopriremo che spigole, orate, trote, gamberi, scampi, aragoste, anguille e salmoni sono di allevamento (in particolare da Grecia, Turchia e Malta), nutriti con mangime animale e con una percentuale di grassi maggiore di quelli che vivono in mare aperto.
Ma il consumatore non scoprira' che l'odore di mare del pesce e' dovuto all'acqua di mare che viene spruzzata, che la turgidita' e' dovuta al ghiaccio e che il pesce un po' vecchiotto puo' essere venduto gia' pulito (per la gioia delle casalinghe, ovviamente). Ne' il consumatore sa che il 60% del pesce e' importato, che di questo il 56% viene dai paesi Ue e il restante 44% da Paesi extracomunitari. In attesa dello scandalo "pesce matto, al ddt, all'antibiotico, alla diossina" ecc.
Il nostro consiglio ai consumatori e' quello di informarsi con tre semplici domande: da dove viene il pesce? Da quanti giorni e' stato pescato? Cosa ha mangiato?