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PREZZI AL CONSUMO
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Comunicato 
18 aprile 2001 0:00
 


UN DISASTRO ALLO SPECCHIO DI POLITICHE ECONOMICHE DI MANTENIMENTO DEI PRIVILEGI E NON DI DOMINIO DEL CONSUMATORE

Firenze, 18 Aprile 2001. L'Istat ha fatto conoscere gli indici dei prezzi al consumo dello scorso mese di marzo. L'aumento complessivo, rispetto allo stesso mese del 2000, e' del 2,8% (inclusi i tabacchi), mentre continua la diffusione dei dati dell'indice armonizzato per i Paesi dell'Ue, dove il risultato finale e' 2,6%, perche' -come fa sapere la stessa Istat- i capitoli "Servizi sanitari e spese per la salute", nonche' "Ricreazione, spettacoli e cultura" e "Altri beni e servizi" usano definizioni di prezzo e prodotti in parte differenti da quelle relative agli indici nazionali. … Che sta diventando il ritornello mensile da quando, qualche mese fa, e' stato introdotto anche questo indice e, mistero -tra gli altri- del sistema statistico italiano, non si capisce perche' non venga adottato anche per gli indici nazionali.
Cosi' interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito. Che continua:
Per cui ci viene il dubbio che, viste le percentuali minori di crescita dell'inflazione che per la sua composizione fa registrare, questo indice armonizzato sia quello che si preferisce usare in sede comunitaria per la verifica degli andamenti e degli impegni. Ma non ci sarebbe anche un giovamento nazionale se le percentuali fossero minori anche nello Stivale? A noi sembrerebbe di si', ma i casi sono due: o noi siamo troppo diffidenti e ignorantoni, oppure il pachidermico sistema statistico nazionale ha bisogno di tempi jurassici per adeguare tutta la macchina contabile ad un diverso sistema.
Andando piu' sullo specifico dei capitoli di spesa, ci vogliamo soffermare su due: "Abitazione, acqua, elettricita' e combustibili" (+5,3% sempre rispetto a marzo 2000), e "Comunicazioni" (-2,2%).
Il primo e' scandaloso, perche' e' l'evidente risultato di una politica di mantenimento dei privilegi monopolistici e non di un mercato dove il dominio sia affidato al consumatore: lo specchio di questa situazione e' la politica dell'Enel, che un giorno si' e l'altro pure, utilizza i suoi utili di azienda monopolista del settore elettrico a capitale con maggioranza pubblica -piuttosto che per far diminuire il prezzo al consumo del suo prodotto per eccellenza, che e' anche un bene di primaria necessita'-, per fare la spesa in Italia e all'estero nel suo impeto di "IRI del nuovo Millennio", che tutto deve e tutto puo': non crediamo sia un caso matematico che il 5,3% dell'Istat per l'intero capitolo in cui ce' anche l'elettricita', sia molto simile a quel 5% di aumento della bolletta elettrica che il ministero del Tesoro ha fatto conoscere nella sua recente relazione sull'andamento dell'economia nell'ambito dei prezzi controllati, relativamente ai primi mesi del 2001.
Il secondo (Comunicazioni) e' sintomatico di un mercato che aveva cominciato a de-monopolizzarsi, ma che in questi ultimi mesi ha cominciato a fermarsi, grazie soprattutto alle varie resistenze dell'ancora gestore monopolista Telecom e ai suoi assurdi e alti prezzi per l'affitto dell'ultimo miglio ai gestori alternativi; e, in seconda battuta, alle spese miliardarie delle gare Umts che, per ora, dopo aver fiaccato le aziende che vi hanno partecipato, non fanno ancora veder niente sul piano dei consumi e dei vantaggi, per le aziende e per i consumatori. Una situazione che ha fatto si' che il calo endemico dei prezzi del settore abbia avuto una frenata: un -2,2% rispetto a marzo 2000, che impallidisce rispetto a -3,4% che era stato registrato nella variazione tra 2000 e 1999.
Due capitoli di spesa che mettono entrambi in evidenza la drammatica carenza di politiche liberalizzatrici, e l'avvento, in loro vece, dello Stato che si presenta sotto altre vesti, ma che rimane pur sempre lo stesso: legato a logiche di gestione del potere e non a quelle di un mercato di consumi e offerte. Non e' un caso che gli amministratori delle grandi aziende italiane che furono e che continuano ad essere di Stato, girando come trottole da una all'altra, non siano molto dissimili dai gloriosi boiardi di Stato che fecero l'Italia del "miracolo" monopolista dagli anni '60 in poi.
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