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CALO DEI CONSUMI
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Editoriale 
15 aprile 2002 0:00
 
La grande distribuzione al dettaglio ha lanciato l'allarme: i consumi stanno calando. I datti raccolti da un'indagine Iri-Infoscan parlano di una flessione dell'1,3% a febbraio delle vendite di prodotti confezionati di largo consumo, e le prospettive, a sentire i vari commenti degli amministratori delegati delle grandi aziende del settore, non sembrano le migliori.
Ed ecco che si avanza la proposta soluzione: facilitazioni fiscali in favore degli investimenti pubblicitari, cosi' come aveva fatto anche la Confcommercio.
La proposta si ascrive a pieno titolo nel novero di quelle che considerano il consumatore come un limone da spremere e basta. Perche' e' evidente che questa richiesta di agevolazioni non influira' in alcun modo sul prezzo finale del prodotto, che continuera' ad essere quello che e', seguendo le sue logiche inflazionistiche e di mercato. Gli industriali della grande distribuzione non hanno minimamente pensato che maggiori consumi possano anche essere un vantaggio per i consumatori e per l'intera societa', ma, nella peculiare grettezza di nicchia protezionistica, riescono solo a vedere cio' che e' a contatto con il loro naso, oltre e' impossibile, per cui non rilanciano ma cercano solo di tutelare l'esistente. Non hanno pensato, per esempio, che quel mix tra il passaggio dalla lira all'euro, con gli aumenti "tradizionali" di ogni avvio dell'anno e le cosiddette politiche di riduzione delle tasse che tardano ad arrivare, possano avere una loro consistente responsabilita'? Forse lo hanno anche pensato, ma non sono andati oltre il loro mero conservatorismo di posizione di mercato: ecco che, quindi, chiedono di stimolare il mercato facendo leva solo sulla pubblicita' (con tanto di sconto da pare dello Stato), come se il consumatore fosse solo un soggetto passivo che aspetta solo di essere stimolato dal luccichio delle tette della bellona di turno che attraverso una piu' martellante presenza pubblicitaria lo invoglia. Il pensiero che il consumatore possa invece essere un soggetto consapevole, che consuma considerando essenzialmente la convenienza, non gli e' neanche venuto. Perche' in un periodo di estrema difficolta' come questo, con i dati ufficiali dell'inflazione che nascondo la quotidianita' di prezzi che lievitano e si arrotondano sempre piu' correndo dietro all'euro, il consumatore non cerca solo lustrini e ammiccamenti per essere tale, ma vuole qualita' e convenienza. E quest'ultima e' quella che sta sempre piu' mancando, per cui usa il suo grande potere, quello del non-acquisto.
Ci sono quindi due posizioni di fronte alla situazione: quella degli industriali e della Confcommercio che cercano di mungere dallo Stato contributi che garantiscano le loro nicchie, e quella dei consumatori a cui, mancando le offerte, in attesa di qualcuno che le faccia rilanciando il mercato con la riduzione dei prezzi, rallentano il loro apporto economico.
C'e' qualcuno, per esempio, che, oltre a lamentarsi, stia facendo qualcosa per modificare le norme che impediscono le vendite sottocosto?
(Vincenzo Donvito)

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