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La demagogia sulle tassazione delle rendite finanziarie
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Editoriale di Alessandro Pedone
4 aprile 2006 0:00
 
Diciamolo, pagare le tasse non piace a nessuno e sarebbe assai facile per noi qualificare la proposta di alzare le imposte sulle rendite finanziarie (pudicamente dicono “armonizzare”, ma si tratta ovviamente di un eufemismo) come una ingiustizia nei confronti dei piccoli risparmiatori.
Francamente non condividiamo ne' le argomentazioni di buona parte dell'Unione ne' della Casa della Liberta'.
Vediamo perche'.

1. La tassazione delle rendite finanziarie, in Italia e' bassa.
Diciamo subito che l'aliquota del 12,5% si colloca, rispetto agli altri Paesi europei nella fascia medio-bassa, non la piu' bassa, ma certamente fra le piu' basse. In alcuni Paesi (anche importanti come la Gran Bretagna) i rendimenti finanziari si portano direttamente nella dichiarazione dei redditi, come accade negli Stati Uniti. La tassazione, quindi, e' progressiva in base al totale dei propri redditi. In questi Paesi (non parliamo di Cuba, parliamo di Stati Uniti ed Inghilterra, le due piazze finanziarie piu' importanti del pianeta) le rendite finanziarie vengono tassate con l'aliquota piu' alta prevista per il proprio reddito.
Nella maggior parte degli altri Paesi europei, vige un sistema (alquanto variegato) di tassazione separata con una sola aliquota (spesso vi e' la possibilita', come in Italia, di scegliere fra tassazione separata o regime della dichiarazione). L'aliquota varia, ma solo in rari casi e' inferiore al 12,5% dell'Italia. Piu' spesso si trova tra il 15 ed il 25 per cento. Per quanto riguarda i Paesi piu' importanti e confrontabili con l'Italia, detto della Gran Bretagna, Francia e Germania, l'aliquota per la tassazione separata e' molto piu' alta della nostra (in Germania al 31,65% – ma vi e' una soglia per l'imponibile – in Francia del 27%).
Chi segue queste cose sa benissimo che buona parte della Cdl, durante la passata legislatura ha pensato a lungo alla possibilita' di “armonizzare” (come dicevano anche loro, ci riferiamo in particolare ad AN e UDC) le rendite finanziarie e nessuno trovava scandaloso innalzare l'aliquota.
Oggi si scandalizzano solo perche' e' stato proposto dalla parte opposta.

2. I grandissimi capitali non saranno toccati da un innalzamento dell'aliquota
E' demagogico, da parte dell'Unione, dire che vogliono tassare le grandi rendite finanziaria.
Da tempo, “le grandi rendite finanziarie” sono realizzate attraverso strumenti giuridici che consentono una “elusione/evasione” dell'imposta.
I vari Ricucci della situazione hanno tutti una catena di societa' estere (Lussemburghesi, Irlandesi, ecc.) che a loro volta fanno capo a trust aventi sedi in paradisi fiscali attraverso cui realizzano plusvalenze finanziarie in modo da aggirare totalmente qualunque imposta.
C'e' da dire, anche, che queste strutture, normalmente, vengono realizzate non tanto per eludere l'imposta sulle rendite finanziarie quanto per la volonta' di segregare il patrimonio contro qualunque possibile aggressione da parte di possibili creditori oppure perche' desiderano disporne liberamente senza i vincoli delle varie leggi sulla successione, sulla separazione, ecc. (non parliamo, in questa sede, dell'uso criminoso di questi strumenti, che pure esiste).
Ovviamente quanto si progettano queste strutture, che hanno dei costi, si considerano anche i vantaggi fiscali che se ne possono trarre. E' evidente che un innalzamento dell'imposizione fiscale puo' diminuire leggermente la soglia di convenienza. E' un fatto, comunque, che i grandi patrimoni (parliamo di patrimoni superiori a 5/10 milioni di euro) non verranno affatto toccati ne' dall'aumento dell'aliquota per le rendite finanziarie, ne' dall'imposta di successione.

3. E' necessaria una semplificazione del metodo di calcolo dell'imposta
Il problema dell'attuale tassazione delle rendite finanziarie, oggi, non e' certamente il livello dell'aliquota, ma il meccanismo di calcolo che e' – a tratti – folle.
Basti pensare all'artificiosa distinzione fra redditi da capitale e redditi diversi che implica una serie di “perversioni” fiscali per i quali un investitore paga tasse anche se non realizza nessuna rendita effettiva dal proprio portafoglio finanziario complessivamente considerato (solo perche' la parte con la quale ha subito perdite non e' compensabile con quella su chi ha guadagnato).
Non parliamo poi della tassazione dei fondi comuni d'investimento di diritto italiano e della differenza rispetto agli altri fondi comuni. I fondi di diritto italiano sono ingiustamente penalizzati sotto vari aspetti.
Riteniamo che un progressivo innalzamento dell'aliquota in cambio di una razionalizzazione del sistema di calcolo sarebbe una cosa utile.


I politici, lo sappiamo, mentono per professione: specialmente in campagna elettorale. Di qualche politico in particolare abbiamo compreso, con l'esperienza, che ha la menzogna talmente connaturata con il proprio carattere che mentirebbe anche se gli chiedessero cosa ha mangiato per colazione: si tratta di soggetti che hanno dimostrato di non avere convinzioni politiche, ma solo convenienze.
L'Unione ha fatto un errore madornale ad introdurre il tema nel programma elettorale. Queste sono cose che si fanno e non si annunciano. Ha fatto un doppio errore quando i vari politici hanno iniziato un balletto di proposte, smentite, controproposte relative alle modalita' della presunta riforma della tassazione sulle rendite finanziarie.
Purtroppo dobbiamo constatare ancora una volta che, a destra come a sinistra, si cerca di sopperire con la demagogia alla mancanza di capacita' politica.
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