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EURO: AUMENTO DEI PREZZI E PRESE IN GIRO
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Editoriale 
1 gennaio 2002 0:00
 
L'editoriale di questo numero, proprio perche' nello stesso giorno dell'avvio dell'euro, riprende un comunicato che abbiamo diffuso lo scorso 30 dicembre, con l'aggiunta della replica che, i "mariuoli" che abbiamo chiamato in causa, hanno subito dopo rilasciato all'agenzia Ansa.
La Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) ha fatto un'indagine sui prezzi dei principali prodotti di consumo e servizi nelle varie capitali europee, per cercare di dimostrare che i prezzi italiani sono tra i piu' bassi. E trionfalisticamente sta cercando di far passare il messaggio di un Italia con i prezzi al dettaglio tra i piu' bassi d'Europa, con l'eccezione, mediamente, di Grecia, Spagna e Portogallo.
Se la Fipe lo fa per cercare di far digerire meglio ai consumatori gli aumenti ingiustificati dei prezzi ha proprio scelto un pessimo metodo, perche' sta raccontando cose che non corrispondono ai fatti. Per tre motivi.
Il primo.
Che senso ha paragonare il prezzo del costo del caffe' espresso al bar, tra l'Italia e gli altri Paesi dell'euro, quando in questi ultimi Paesi non c'e' un consumo di questo prodotto cosi' diffuso come da noi, nel bar, in piedi, tant'e' che dove viene servito, si chiama per l'appunto "espresso italiano"? Ve l'immaginate se questo giochino lo facessero i tedeschi con la birra? O i francesi con l'anisetta? O i portoghesi con l'assenzio? O i belgi con il caffe' filtro?
Il secondo.
Il prezzo medio italiano che viene usato per paragonare il caffe espresso, e' di 0,62 euro, cioe' 1.200 lire: in quale Italia di quanti anni fa gli indagatori della Fipe hanno preso il caffe' al bar? Penseremmo che ci stanno prendendo in giro.
Il terzo.
Se in un ristorante di fascia medio-alta di Roma si spende 57 euro, e in uno "simile" di Parigi si spende tra i 63 e 68 euro, cosi' come in uno di Bruxelles tra 64 e 81 euro, vuole dire che Roma e' piu' economica? Secondo la Fipe si', ma secondo il buon senso, la matematica e l'economia no! Perche' il costo della vita a Roma e' altra cosa rispetto a Parigi e Bruxelles: dai prezzi delle materie prime per cucinare, agli affitti dei locali, ai costi del personale, fino agli stessi stipendi degli avventori. Il ristorante di Parigi sara' sicuramente piu' caro, rispetto a quello di Roma, per il romano che va in vacanza nella capitale francese, ma sembra che i costi e i valori dei consumi non si calcolino solo rispetto a chi consuma in vacanza.
Abbiamo messo un po' di puntini sulle "i" per denunciare l'approssimazione e la faciloneria (fino allo stravolgimento dei numeri e dei fatti) con cui i rappresentanti dei commercianti cercano di mostrare il loro impegno in questo difficile momento di cambio della valuta. Per il momento non c'e' un prezzo (con alcune eccezioni, soprattutto in quelli stabiliti dallo Stato) che non stia subendo una modifica del suo valore grazie all'operazione di cambio: dai biglietti dei cinema a quelli degli autobus, etc.. E, visto l'andazzo della vigilia, crediamo che ne vedremo delle belle per quei prezzi che non si sono mostrati ancora nel loro controvalore in euro: non stiamo parlando di cambi sbagliati, ma di prezzi che lievitano alla ricerca dell'arrotondamento.
Il rimedio? Non c'e'. Perche' aumentare i prezzi e' legittimo, cosi' come e' legittimo per i consumatori diffidare di chi non dice di farlo e ti racconta frottole sui prezzi italiani ed europei.
Per chi poi avesse ancora dei dubbi sulle capacita' mercantili della Fipe, fa scuola la nota che questa federazione ha diffuso subito dopo aver appreso della nostra denuncia: "Dobbiamo metterci d'accordo sul fatto che un'unica moneta consente al consumatore di fare confronti diretti e trasparenti sui prezzi, e questo noi abbiamo fatto, confrontando i prezzi dei pranzi in classe omogenea dei ristoranti in Eurolandia. Risulta cosi' in modo inequivocabile che un francese o un tedesco che verranno in Italia spenderanno meno che nel loro Paese e questo e' un fatto rilevante soprattutto nel campo del turismo e che serve per sfatare un luogo comune secondo cui l'Italia risulterebbe un Paese piu' caro degli altri. Sarebbe meglio che tutti evitassimo sterili polemiche sugli arrotondamenti e invece facessimo la nostra parte per consentire ai consumatori di entrare nella nuova epoca dell'euro informando in maniera meno confusa e piu' corretta di quanto abbiamo saputo fare fino ad oggi".
Queste sono parole letterali del direttore generale della Fipe, Edy Sommariva, che lasciamo ad ognuno commentare, ma che, ribadiamo, e' un "mariuolo" che sta pubblicizzando il miracolo dei bassi prezzi italiani a partire dal prezzo medio della tazzina di caffe' espresso che lui calcola in 0,62 euro, cioe' 1.200 lire (forse perche' al valore di 0,62, vista la mancanza di dimestichezza con l'euro, ad una lettura distratta, non si fa tanto caso?). "Mariuolo"!
A proposito, poco fa sono andato in un bar di piazza San Marco, vicino alla sede dell'associazione a Firenze, ed ho preso un caffe'. L'avevo preso anche ieri (oggi, mentre scrivo e' 31 dicembre) e mi apprestavo a dargli 1.500 lire, ma ho visto sul display della cassa comparire la cifra 1.550. "Che strano aumento" -mi sono detto fra me e me, pensando subito alle diffuse 1.650 lire del caffe' dei bar di Arezzo, che stanno facendo discutere la citta' da mesi. E mentre razzolavo in tasca per cercare il cinquantino, il cassiere mi fa: "non importa, anche se non ce le ha, tanto serve da domani ...". Ma trovo la moneta e gliela do. Lui mi ringrazia. Guardo lo scontrino e sopra c'e' il prezzo in lire -1.550- e quello in euro, 0,80, che fino al giorno prima era 0,77. Chiaro, no?
(Vincenzo Donvito)

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