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EURODELIRI E IDEOLOGIA
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Editoriale 
15 gennaio 2002 0:00
 
Ci siamo. L'euro e' tra noi, con la valanga che questo ha comportato per la complicazione della nostra quotidianita' e l'aggravio economico delle nostra spesa, dei nostri servizi, della nostra vita, insomma. Ci siamo dentro e dobbiamo gestirlo, facendo molta attenzione a non farsi mettere i piedi in testa.
Ma non e' tanto di questo che vorrei parlare in queste righe, perche' tanto abbiamo gia' detto e ci si puo' informare leggendo nel settore delle "iniziative dal 1 al 14 gennaio": la fotografia di una situazione che oggi, 14 gennaio, e' ancora tale. Ma sono sicuro di una cosa: gli italiani sono molto migliori dei loro governanti, e anche in questo caso sapranno far fronte a tutte le difficolta' che gli sono state create (essenzialmente grazie al periodo di doppia circolazione), uscendone a testa alta: l'importante e' che abbiano individuato le responsabilita', pubbliche e private, di cio' che e' successo e che sta succedendo. E che non se ne dimentichino.
Un aspetto della vicenda, invece, e' molto piu' problematico che non l'abituarsi al nuovo modo di considerare la valuta: dove ci porta tutto questo? Nessuno lo sa, perche' i nostri governanti hanno preferito fare la scelta di campo rispetto a quella di testa, e pur con il nulla davanti, hanno preferito accelerare sull'enfasi monetarista del "volemose bene, semo tuta 'na familia". Vedremo cosa succedera' alla piccola prima crisi di uno dei componenti di questa famiglia, perche', stanti ancora gli Stati nazionali che decidono le politiche nazionali e subiscono le crisi nazionali, va da se' che hanno senso rimedi nazionali, che pero' sulla moneta non potranno essere presi, perche' vengono decisi a Bruxelles e non a Roma, Berlino o Parigi, Atene o Helsinki. E se svalutare o rivalutare potra' andar bene per Berlino, ma non per Madrid, cosa fara' la Banca Centrale Europea? A favore di chi decidera'? Siamo sospettosi se crediamo che lo fara' a vantaggio del piu' forte? Quanti "sud" dell'Europa avremo in piu'?
Leggendo sul quotidiano "La Sicilia" di oggi un articolo del ministro della Difesa, Antonio Martino, sono stato colpito dalla sua abituale chiarezza espositiva, che mai come in questo caso mi sembra calzante. Il ministro ha scritto: "Il grande vantaggio delle ideologie e' che risparmiano alla gente la fatica di pensare". E mi domando: c'e' forse un'ideologia europeista che ha colpito i nostri governanti di ieri e di oggi?
Tenendomi questa riflessione, passando al pragmatismo e ai risvolti di questa presunta ideologia, non ho potuto non leggere con amarezza questa notizia: la commissaria Ue al Bilancio, la verde tedesca Michaele Schreyer, in vista della Convenzione sulle riforme, ha proposto una tassa per l'Europa, pagata direttamente a Bruxelles dai 375 milioni di cittadini dell'Unione. A fronte di un bilancio di 96 miliardi di euro alimentato da diverse entrate che provengono direttamente dagli Stati nazionali (dogane extra Ue, parte dell'Iva e parte di ogni Pil: 252 euro annuali per ogni cittadino), la commissaria auspica un rapporto fiscale diretto, sottolineando che questo, pero', non deve tradursi in un aumento del carico fiscale. Vorremmo poterle credere, ma abbiamo ancora gli archivi delle caselle postali pieni delle lamentele di coloro che non hanno ancor ricevuto indietro la tassa sull'Europa dell'allora primo ministro Romano Prodi. E dobbiamo dare fiducia a chi sta applicando i dettami di un'ideologia, nel nome della quale, ovviamente, tutto si fa? Figuriamoci, per qualche euro in piu' su una tassa ...
(Vincenzo Donvito)

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