testata ADUC
GRAZIE AMERICA
Scarica e stampa il PDF
Editoriale 
15 settembre 2001 0:00
 
A meta' degli anni '970 andai per la prima volta negli Usa, entrando dalla porta principale, l'aeroporto Jfk di New York, con un volo diretto da Roma a bordo di una compagnia che e' stato un mito ai suoi tempi, la Pan American. Ed era proprio nei i giorni in cui cadeva il "tanks giving day", quindi a novembre, con un freddo terribile che non impediva a migliaia di persone, in una New York quasi deserta, di festeggiare e applaudire a giganteschi cortei di altrettanti giganteschi pupazzi pieni di elio che raffiguravano quei personaggi di Walt Disney che hanno -e che continuano- ritmato le letture e le fantasie di tutti i bambini del mondo. Mi colpirono i lucciconi agli occhi non solo dei bimbi, ma anche dei cosiddetti grandi: non avevo mai visto gente commuoversi a tal punto per cortei di personaggi "cosi' leggeri". Non feci il paragone con i cortei politici di cui l'Italia in quegli anni era strapiena, ma con quelli religiosi con madonne e santi portati in spalla, e con tutto il paese o quartiere che gli sta dietro, talvolta in lacrime di commozione, per l'appunto: essendo le mie origini un incrocio tra Puglia e Sardegna, il paragone mi era facile e vivo nella memoria. Dopo l'America (e non gli Usa ...) della musica, della scienza, del progresso, degli omini sulla Luna, dei campus universitari, delle contraddizioni e delle liberta' lette, stra-ascoltate e stra-viste in tutti i modi, eccolo li', il Jfk-Express con un poliziotto in ogni vettura che sfrecciando mi portava dall'aeroporto al centro di Manhattan, dove proprio la Pan Am, con cui collaboravo moltissimo per la mia attivita' lavorativa dell'epoca, mi aveva prenotato e offerto un albergo, vicino al suo altrettanto celebre PanAm-Building, nel cuore di cio' che gia' allora era il centro del mondo economico.
Dopo questa America, ce ne sono state tante altre, con legami duraturi e consolidati, dalla Florida alla California, ma il quadro che ho or ora descritto, potrei dipingerlo mille volte, sempre con colori e sfumature diverse, forse perche' e' come il primo bacio che non si scorda mai, ma sicuramente perche' mi ha dato un determinante contributo per quel che ho fatto negli anni successivi, fino a cio' che oggi faccio proprio nell'ambito in cui sto qui scrivendo.
Mi ha incuriosito la semplicita', rispetto alla enorme complessita' di cui siamo frastagliati in Italia e in Europa (sicuramente anche in Oriente e Africa, ma conosco poco questi Continenti per usarli nei confronti), ed ho cercato di capire perche' e per come. Da qui la mia lunga marcia nella quotidianita' di un sistema, di una cultura, di una prassi che, via via, mi incuriosiva sempre piu': mi sembrava di vedere nella pratica, fin nella banalita' della vita domestica e famigliare, cio' che avevo divorato nei primi libri base degli studi di economia, che io avevo sempre spinto sulle ali delle fantasticherie di una impossibile filosofia economica.
Dagli studi e dalle fantasticherie, ora ero nella pratica, e cominciai a girare, vedere, studiare i supermercati, i mall soprattutto (i centri commerciali arrivati in Italia qualche decina d'anni dopo), e quindi gli uffici pubblici, quelli dell'amministrazione quotidiana, dove le persone vanno a fare la patente di guida, quanto un certificato per sposarsi o per la morte di un proprio caro. Quindi le banche. In queste ultime e nei mall mi colpivano e incuriosivano (leggevo tutti i cartelli nei minimi particolari) le code ordinate di persone agli uffici reclami, con in mano i loro fogli di conti che non tornavano o il frullatore che aveva dei problemi. Negli uffici dell'amministrazione pubblica raccoglievo e divoravo con curiosita' tutti gli opuscoli di spiegazioni e informazioni (non potrei mai dimenticare quelli di un Comune della Florida, Saint Petersburg, in otto lingue, completi ognuno dei minimi particolari). Tutto sotto l'egida della semplicita', lontanissimi da quel burocratese, della lingua e dei fatti, che spesso pervade i nostri rapporti con la burocrazia privata e pubblica (ormai e' nel nostro linguaggio quotidiano, ma a qualcuno sembra umana una parola come "obliteratrice" che troneggia su tutte le informazioni d'uso dei mezzi pubblici delle nostre citta'?): fatti, appunto, per essere compresi da chi -grande- si commuove al passaggio di un corteo con pupazzi di Paperino, Topolino e Nonna Papera ... e continua a parlare, in America, la sua lingua coreana, vietnamita e araba.
A questo giovane Vincenzo (che sono io che scrivo) non poteva mancare andare a far la spesa in un supermercato a mezzanotte: il massimo della goduria del senso di liberta', memore delle continue e impossibili corse quando, uscito dall'ufficio nella citta' dove vivo in Italia, litigo con cassieri che devono chiudere i conti della giornata, e compro sovente cibo e bevande che poi hanno il difetto di essere state acquistate troppo in fretta e non hanno quelle caratteristiche che piu' mi piacerebbero.
Questo biografico flashback, per ricordare a me e a chi mi legge, come e' nata l'idea e l'esigenza di impegnarsi in cio' che oggi e' l'Aduc, in particolare, e i diritti degli utenti e consumatori piu' in generale.
E c'e' qualcuno che oggi, 14 Settembre (ma sarebbe meglio dire martedi' 11 settembre ore 8.45 di New York) mi vuol dire che tutto questo non serve e che non fa gli interessi dell'essere umano? No grazie!
(Vincenzo Donvito)
Pubblicato in:
 
 
EDITORIALI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS