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A UN MESE DALL'EURO: UN PAESE CON PREZZI PIU' ALTI E CON I SOLITI FURBI
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Editoriale 
1 aprile 2002 0:00
 
Ad un mese dall'introduzione totale dell'euro, e con la lira che (volenti o nolenti) continua ad essere dominante nel modo di pensare degli italiani (valga per tutti il nostro presidente del Consiglio dei ministri che solo alcuni giorni fa in televisione, per spiegare quanto era esoso l'importo che gli immigrati clandestini pagano ai vari delinquenti che li traghettano in Italia, ha detto "tremila dollari, pensate: 6 milioni di lire" ... e non ha aggiunto altro che avesse a che fare con l'euro, involontariamente evidenziando l'inesistente -e pur se sbagliato- cambio dell'Usd con altrettanta valuta inesistente), possiamo trarre un bilancio dal nostro osservatorio (soprattutto attraverso Internet), grazie a centinaia di richieste di consigli e informazioni al giorno e ad una media di 50/100 mila contatti sempre al giorno al giorno.
Nonostante l'Istat abbia continuato a sfornare statistiche "tranquillizzanti" che ci vogliono far credere che il ritmo dell'aumento dei prezzi, dall'anno scorso ad oggi, continua il suo trend piu' o meno previsto del 2,5%, e nonostante l'Istituto governativo sul cui lavoro poi si basano le scelte di politica economica di tutta Italia, continui a non rispondere alle varie sollecitazioni che gli chiedono chiarimenti sul suo paniere e sul suo metodo di calcolo, non possiamo che registrare un aumento generalizzato di tutti i settori.
E non e' un caso che -come ci dice un'indagine del 30 marzo fatta circolare dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi)- gli italiani in questo periodo abbiano decretato un vero e proprio boom dei pagamenti con il "denaro di plastica" (+24% solo a febbraio): avere solo un'idea del valore della specifica spesa e' servito a non dover continuare a constatare come tutto costasse di piu', esorcizzando questi aumenti con la comodita' del metodo di pagamento, nonche' rimandando la presa d'atto al momento in cui arriva l'estratto conto a casa.
Gli aumenti piu' vistosi e su cui continuano a fioccare le lamentele, sono ovviamente quelli al dettaglio, con al primo posto i pubblici esercizi di beni di piccolo consumo alimentare (soprattutto bar): non c'e' locale in cui il caffe' non sia stato portato a 0,80 euro, con le punte (senza considerare le citta' "storicamente" piu' care, come Firenze, Bologna, Venezia e Milano) di regioni come il Veneto, dove addirittura le associazioni di categoria dei commercianti (Confesercenti nel nostro caso) consigliano prezzi di 0,90 per il caffe', 1,30 per il cappuccino, 2,00 per il succo di frutta e 2,10 per la bibita in lattina ... e se questi sono quelli consigliati, lasciamo immaginare a chi ci legge quali saranno quelli che dovranno essere pagati. E' evidente che proprio quelle associazioni dei commercianti che in periodo di doppia circolazione monetaria lanciavano appelli perche' i loro associati non approfittassero aumentando i prezzi, hanno deciso di prendere atto del non-ascolto che era stato prestato ai loro consigli, e di diventare semplici portavoce e razionalizzatori di un dato di fatto. Sinceramente ci saremmo stupiti del contrario.
Una menzione particolare va fatta per il prezzo dei giornali quotidiani, tutti allineati tra 0,90 e 1 euro e oltre.
Per validare questa nostra osservazione valga anche l'appello che, solo alcuni giorni fa, ha fatto il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, proprio agli italiani, che e' suonato piu' o meno cosi': "italiani andateci piano con gli aumenti dei prezzi".
Quindi, a un mese dall'euro abbiamo un Paese con i prezzi piu' alti e i soliti furbi. Siamo italiani e dobbiamo rassegnarci? No, non e' questa la questione, ma rimane sempre la stessa che avevamo gia' individuato all'inizio di questo anno: l'incapacita' delle istituzioni di adeguarsi alla nuova situazione e di venire incontro ai consumatori, per esempio rimandando gli aumenti dei prezzi controllati che ci sono stati all'inizio dell'anno ed agendo per una maggiore semplificazione e trasparenza dell'informazione sui prezzi (il macigno dell'Istat valga per tutti).
(Vincenzo Donvito)

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