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Chiamata alle armi
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Articolo di Pietro Yates Moretti
22 marzo 2008 0:00
 
Stefano Zecchi, ordinario di Estetica all'Universita' di Bologna e conosciuto al grande pubblico per l'assidua frequentazione dei salotti televisivi, si e' spinto a definire 'ateo' chi oggi si batte per la laicita' dello Stato. Lo fa dalle pagine del quotidiano Il Giornale con un editoriale che inizia cosi':

Si legga, si ascolti quest'affermazione: "Sono laico". E ora quest'altra: "Sono ateo".

Poco dopo, suggerisce con subdola disinvoltura che oggi i 'laici', quelli della legalizzazione dell'aborto, della fecondazione assistita, siano in realta' atei che giocano appunto sul concetto di laicismo:

A cosa si assiste, invece, a cosa si sta affidando la nostra cultura, protetta da una profonda ambiguita' politica? Alla condivisibilita', alla contiguita' dei valori dell'ateo con quelli del credente. Ecco la confusione sulla legge 194, sulla questione della fecondazione assistita, su quelle dell'ingegneria genetica, della bioetica, che poi sono i veri problemi decisivi del presente e soprattutto del futuro dell'umanita'. La confusione culturale si serve senza scrupoli dell'uso disinvolto e improprio di laicismo e, appunto, della rimozione del concetto di ateismo.

In altre parole, secondo Zecchi, lo scontro su questi temi e' frutto di una operazione poco trasparente di atei miscredenti, timorosi di definirsi tali, perennemente alla ricerca di uno Stato fondato su valori antitetici a quelli cattolici (ovvero, ci par di capire, di uno Stato senza valori). Insomma, per Zecchi i 'laici' di oggi non sono controparte ai clericali, ma a tutti i cattolici degni di cotanto nome:

A questo punto domandiamoci se e' plausibile, coerente, onesto fare professione di laicismo e sostenere che, sia che si creda nell'esistenza di Dio, sia che non vi si creda, nulla cambia all'interno del proprio mondo di valori, non cambia il proprio modo di vedere la politica, la giustizia, perfino il significato della bellezza. Sostenere questo, e' un falso culturale e un'ipocrisia esistenziale. L'ateo politicamente corretto puo' mimetizzarsi nell'idea di una laicita' che tutto avvolge e confonde, ma il credente no, non puo' astenersi dal portare nella politica, nella costruzione delle leggi che disciplinano la societa', l'idea di vita in cui ha fede.

Chiaro il concetto? Per Zecchi, non e' uno scontro fra laici e clericali, fra chi vuole governare i fenomeni sociali e chi invece vuole eliminarli a colpi di proibizioni -relegandoli alla clandestinita' e alla ingovernabilita'- nel nome di una societa' "perfetta" fondata sui valori della Chiesa. No. Lo scontro e' fra atei e credenti. E per non finire annoverato fra gli atei, sembra dire il nostro, e' bene che il cattolico cominci a pensare non solo alla propria coscienza, ma anche a quella dei suoi concittadini, 'vedendo la politica' (i.e., votando) affinche' i precetti della Chiesa Cattolica diventino legge.

L'operazione di Zecchi, che ricalca la strategia messa in atto dalle gerarchie vaticane da qualche anno a questa parte, esemplifica esattamente cio' di cui accusa i suoi miscredenti avversari. Un'operazione di maquillage dietro la quale si nasconde una continua chiamata alle armi del cittadino-credente, perche' cessi di essere laico e finalmente si arruoli nell'esercito clericale.

Leggi l'editoriale di Zecchi su Il Giornale
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