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Tempi stretti -ma non per il ponte. Lettera aperta al Presidente del Consiglio
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Articolo di Annapaola Laldi
23 ottobre 2009 0:00
 
 Egregio signor Presidente del Consiglio,
mi rivolgo a Lei per chiederLe di riflettere ulteriormente e approfonditamente su quelle che sono le priorità del nostro Paese. Considerato il fatto che i soldi per tutto non ci sono, e che bisogna fare scelte oculate (come qualunque "buon padre di famiglia" sa bene), come sarà meglio spendere le cifre a disposizione? Per dare inizio a un'opera alquanto dubbia come il ponte sullo stretto? O per operare finalmente una seria, corretta e saggia politica del territorio, che metta in sicurezza l'Italia da quella che Lei stesso ha definito "intrinseca fragilità idrogeologica" (e, nella misura del possibile, da altre calamità naturali)? Personalmente, se davvero lo Stato dispone di circa 2 miliardi di euro per dare inizio a un'opera faraonica come il ponte sullo stretto (che ne costerà complessivamente, se va bene, almeno 6), ritengo che sarebbe molto meglio spendere quella cifra per contribuire a risanare questo nostro territorio che si sbriciola da tutte le parti e in tutte le regioni. Le chiedo quindi la bontà e la pazienza di seguirmi ancora nella perorazione di questa causa.
Ciò che mi incoraggia a rivolgermi a Lei sull'argomento è la lettura della "Direttiva" del 27 ottobre 2008, che Lei, con encomiabile tempestività, diramò all'indomani della drammatica alluvione in Sardegna. E' qui che Lei parla della "intrinseca fragilità idrogeologica del nostro Paese" resa ancora più pericolosa dalla "crescente tendenza verso precipitazioni intense e localizzate su porzioni relativamente modeste del territorio nazionale". Parole sante!
Il programma di questa saggia "Direttiva" del 27 ottobre 2008, che richiama l'altra molto più analitica, del 27 febbraio 2004 (sempre a Sua firma), è contenuto nelle tre parole d'ordine del suo titolo:
prevedere, prevenire, fronteggiare le situazioni di emergenza di tipo idrogeologico.
Dunque, Lei ci tiene a che il nostro territorio sia bene amministrato e non violentato come purtroppo è stata prassi comune quasi sempre e quasi ovunque da molto tempo a questa parte. Infatti "prevedere, prevenire, fronteggiare", oggigiorno, significa anche (e soprattutto) riconoscere "la necessità di un'adeguata e vigile azione di governo urbanistico del territorio laddove si riscontrino elementi di pericolosità idrogeologica". Sono ancora parole Sue, signor Presidente. Proprio Sue, perché in quel documento Lei parla alla prima persona del presente indicativo, come quando afferma: "[…] ritengo quanto mai urgente che ciascuna regione […] svolga un'azione di indirizzo e di sostegno ai sindaci, aiutandoli ad individuare le azioni prioritarie da porre in essere soprattutto in situazioni di criticità e di emergenza non previste, con l'obiettivo primario di salvaguardare l'incolumità dei propri concittadini".
In questo momento (20 ottobre 2009) sono sicura che la voce "prevedere" sia a buon punto. Me lo suggerisce la Sua dichiarazione a caldo a proposito della frana nel Messinese del primo ottobre, secondo la quale quell'evento era previsto dalla Protezione civile, e me lo dicono i numerosi rapporti e articoli che stanno uscendo in questo periodo e che segnalano soprattutto le zone a rischio idrogeologico delle diverse parti d'Italia. Do solo un accenno molto generale, perché evidentemente Lei dispone di tutti i dati che vuole: sono 5.500 (sul totale di 8.101) i Comuni italiani a rischio di calamità naturali, nel qual concetto alluvioni e frane sono in prima linea. E un po' in tutta la penisola (secondo dati del Ministero dell'Ambiente, il 71% in Liguria e Val d'Aosta, il 44% in Lombardia, l'87% in Basilicata, mentre ben 291 Comuni campani -su 551- sono a gravissimo rischio idrogeologico, e in Toscana, proprio di questi giorni è la notizia che nel territorio fra i fiumi Arno ed Elsa ci sono 24.000 persone a rischio esondazione). Ma Lei queste cose le sa benissimo, tanto più che il sottosegretario alla Protezione civile Guido Bertolaso, in cui Lei ripone la massima fiducia, L'ha già espressamente informata anche dei cinque possibili grandi rischi di calamità naturali che corre l'Italia: l'eruzione del Vesuvio, l'esondazione di tre fiumi come l'Arno (si ricorda il 1966?), il Bisagno, che può distruggere Genova, e il Volturno che può mettere in ginocchio la Campania intera, i terremoti e gli incendi.
Certamente, la precisa mappatura delle zone a rischio ha un costo economico che deve restare come voce permanente nei diversi bilanci pubblici proprio per garantire quell'attività di aggiornamento del patrimonio di informazioni raccomandata nella Sua stessa "Direttiva" del 2008, "senza la quale perderebbe in breve tempo la sua efficacia". Ma una spesa del genere è un sano, sacrosanto investimento.
 
Orbene: a che punto sono le altre due voci del Suo programma "prevenire" e "fronteggiare"? Certamente sono di più difficile esecuzione del "prevedere".
 
A proposito del "fronteggiare" sono di grande importanza due raccomandazioni della Sua "Direttiva" 2008, e cioè quella concernente la necessità di ben coordinare l'attività dei sindaci, quali "esperti" del territorio, con quella della Protezione civile, e poi quella che caldeggia l'attività per 24 ore su 24 delle sale operative delle regioni e delle province autonome. Ma anche in questo settore sembra che dei passi avanti si stiano facendo. Leggo, per es., che in Liguria il 63% dei comuni ha già una struttura di protezione civile attiva 24 ore su 24.
Anche per sostenere questo settore occorre un notevole stanziamento di denaro, non foss'altro per pagare coloro che coprono il servizio 24 ore su 24, che devono essere persone di un buon livello quanto a senso di responsabilità, intelligenza e prontezza di riflessi. E anche in questo caso si tratta di un sano, sacrosanto investimento.
 
E veniamo, infine, al "prevenire" che è davvero il punto più spinoso e più costoso per le casse pubbliche (ma anche in questo caso si tratterebbe di un sano, sacrosanto investimento!). Una volta compiuta la mappatura delle zone a rischio, salta evidentemente agli occhi, fra le altre cose, quanto l'attività umana sia stata scriteriata e quanto sia necessario imporre un deciso altolà a una gestione del territorio pressappochista se non proprio criminale. Perché, mi chiedo e Le chiedo, se si può ipotizzare il reato di "omicidio volontario" per chi guida ubriaco (e io sarei d'accordo), non si può ipotizzare lo stesso reato per chi costruisce (e permette di costruire) edifici, strade o quant'altro senza alcun riguardo per la situazione (idro)geologica del luogo? La voce "prevenire" del programma che Lei ha lanciato con la Sua "Direttiva" del 2008 comporta davvero da parte delle diverse Amministrazioni (Stato, Regioni, Province autonome, Comuni) un enorme lavoro e anche una grande spesa perché in certi casi, per prevenire, bisognerà dislocare gli edifici costruiti dimenticando (per ignoranza o presunzione) che la natura si riprende sempre, prima o poi, quello che è suo e che, solo per fare un esempio, l'alveo di un torrente resta tale anche se di acqua non vi è più traccia da dieci, venti o cinquant'anni, perché bastano pochi minuti a far rinascere la corrente più folle e vorticosa che mai. Ma, Le chiedo, è meglio fare un "mea culpa" finché non ci sono vittime e il tutto si può risolvere con un trasloco, costoso, ma pur sempre un trasloco di persone vive e di oggetti indenni, oppure aspettare, sfidando la natura, e trovarsi a tu per tu con la morte e la distruzione di case e di cose?
This is the question", signor Presidente, direbbe Amleto; questo è il dilemma. Ma è davvero un dilemma per chi, come Lei, dice di amare questo Paese?
A mio avviso, non ci sono dubbi né esitazioni: il ponte sullo stretto può attendere (come il paradiso!), i milioni di persone a rischio calamità naturali molto prevedibili (come il rischio idrogeologico) no, non possono aspettare, perché questa attesa somiglia troppo a una "roulette russa" che non è lecito giocare neppure sulla propria pelle. Figuriamoci su quella degli altri.
E poi, quanto costa allo Stato un disastro come l'alluvione di Firenze e Venezia, come il terremoto in Abruzzo, o anche come quello di Sarno e quello di Messina? Leggo nell'intervista a un esperto del CNR la cifra di 2 miliardi di euro all'anno (pari allo stanziamento statale per il ponte). Istintivamente direi che è un'enormità, ma poi forse 2 miliardi non sono così tanti, e certamente non tengono conto di ciò che è inestimabile per definizione: la perdita di vite umane, la distruzione del tessuto di relazioni e della testimonianza storica, e via dicendo.
Perché, dunque, non avere la saggezza di investire altrettanto denaro (o anche di più), garantendosi così la soddisfazione di avere a che fare con persone vive e serene e con città piacevoli e sicure da abitare? Non è stanco, signor Presidente, di fare sopralluoghi a rovine, di visitare feriti e di assistere a funerali -soprattutto quando molta distruzione e sofferenza si poteva evitare?
E, dunque, signor Presidente, perché non lasciar perdere per il momento il ponte sullo stretto e dislocare una parte sostanziosa di quei due miliardi di euro su progetti di prevenzione/risanamento in base alla mappa dei rischi (idro)geologici in possesso del Ministero dell'Ambiente e della Protezione civile?
Penso che così facendo si centrerebbe molto bene anche un altro paio di obiettivi, a cui Lei dice di tenere molto, e cioè quello dell'incremento dell'occupazione e quello del sostegno alle famiglie. Infatti, se si aprissero tanti cantieri su tutto il territorio nazionale (e non solo un paio concentrati in un punto solo come per il ponte sullo stretto), salirebbe logicamente il numero delle persone occupate, che opererebbero più vicine a casa propria, con una benefica ricaduta sulle relazioni familiari. Non si può ignorare, infatti, che le cosiddette "grandi opere" impongono ai lavoratori di stare per molto tempo molto lontano dalla propria casa e dalla propria famiglia e di vivere in condizioni spesso poco dignitose (ad es., nei container ecc.), facendoli somigliare più a deportati che a persone libere (con tutte le conseguenze negative, anche psicologiche, che una simile condizione comporta).
Sono sicura che ci sono molti altri motivi a favore di una scelta come questa che Le sto proponendo di fare. Li ascolti, signor Presidente, perché questi suggerimenti sono importanti, anche se indicano un obiettivo che è, in prima battuta, meno appariscente del ponte sullo stretto. Ma Lei sa di certo che la sostanza vera, autentica, ha un aspetto quasi sempre modesto.
AugurandoLe di fare una scelta ponderata e giusta, La ringrazio dell'attenzione e La saluto cordialmente.
Annapaola Laldi

NOTA

Un articolo sintetico sull'argomento rischi (idro)geologici si trova a questo link:
http://www.mondoecoblog.com/2009/10/08/rischio-idrogeologico-5500-comuni-italiani-sono-a-rischio-calamita-naturali/


Sul ponte sullo stretto
segnalo due link. Il primo fornisce dettagliati dati tecnici e una rassegna stampa sull'argomento:http://www.pontedimessina.it/
il secondo è di aperta critica: http://www.ilpontesullostretto.it/

Alcuni link istituzionali
:

Protezione civile: http://www.protezionecivile.it/index.php
Per informazioni sui diversi rischi (idrogeologico, vulcanico, ecc.):
http://www.protezionecivile.it/minisite/index.php?dir_pk=248&cms_pk=1464


ISPRA/apat
http://www.isprambiente.it/site/it-IT/

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