Ieri è stata approvata la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023”. Una sorta di impegno solo perchè per avere i fondi Pnrr dall'Ue, occorre farlo. E lo si capisce molto bene visti i contenuti e la scarsa, quanto inesistente, ricaduta sulla vita di imprese e consumatori.
Qualche regoluccia in più, la proroga di alcune cosucce e vai: “ABBIAMO LA CONCORRENZA”!
L’Italia, secondo la Commissione europea, ha una serie di norme e restrizioni in diversi settori, che la rendono uno dei Paesi dove c’è minore concorrenza (per esempio; ingegneri, architetti, commercialisti, agenti immobiliari e avvocati). L’esistenza dell’equo compenso è uno di questi ostacoli: molte imprese, diverse non-italiane, sono per queste respinte dai nostri mercati.
La concorrenza non si crea con uno schiocco di dita, ma neanche chiamando concorrenza qualcosa che è il suo perfetto contrario. Per farlo, è giusto incontrarsi con i vari settori e categorie, ma registriamo solo decisioni che servono a garantire rendite di posizione di chi già c’è, giammai norme che consentano a chiunque, con le dovute specificità, di accedere. Un solo esempio: i taxi, che è cronica la loro carenza (con relativa chiusura a Uber e privilegi verso gli Ncc).
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