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Black is Black. Il nero “tira”. Anche sui nostri cervelli?
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Articolo di Vincenzo Donvito
1 dicembre 2019 13:16
 
 “Black is black”, non è solo il motivo di una nota canzone del secolo scorso ma, visto che alcuni pubblicitari sono convinti che il nero, il tenebro, l’onda lunga di Halloween possano essere l’anima del commercio, è il colore scelto (in Usa e da noi, talvolta monchi in materia, per ricaduta) per fare più soldi.
Dopo il “black friday” è comparso il “black sunday” e, chissà (religioni permettendo) se comparirà il “black Christmas”, il “black Santa Klaus”, la “black Epiphany”… fino ai “black sold”… che “saldi” fra un po’ non sapremo più cosa voglia significare *.

E tutti coloro che sono andati ad assieparsi nelle file dei vari negozi nel giorno di venerdì 29 novembre (quello del vero “black friday”), non sentendo o non sapendo delle sirene dei ragazzi di “friday for future” (bontà loro...) che avevano rinominato il giorno sacralizzato per gli sconti con un lapidario “block friday”,… tutti coloro... si ritrovano come in qualunque giorno dell’anno: davanti ai loro negozi, ai loro centri commerciali, ai loro scranni “lap-top-desk-smart-phone” con le stesse offerte del venerdì e, molto probabile, con sconti ancora maggiori. E visto che sono un po’ più sereni e meno compulsivi del “venerdì santo” (ops, questo è altro, ma dipende dai santi di ognuno…) forse trovano anche meglio e di più rispetto al giorno santificato.

La mia figliola tredicenne il venerdì 29 mi ha fatto fare la giustificazione alla scuola per andare con le amiche alla manifestazione delle “gretine”, e poi nel pomeriggio è andata a far compere ad un centro commerciale dell’hinterland della nostra città. Ed io: “ma hai letto i cartelli che c’erano in piazza?”. Lei, con sorrisetto un po’ ebetino: “sì, e allora? Che vuol dire, mi dovevo comprare la scarpe...”. Chiaro? O forse qualcuno credeva che il “block friday” fosse un remake del ‘68 del secolo scorso? E poi… come se i consumi avessero peggiorato la nostra vita e non -mediamente – contribuito a farla essere un po’ meglio. Beh, certo, anche il desiderio di questi consumi, grazie alle telecomunicazioni globali e di massa, sono tra i principali responsabili della voglia di chi abita nei Paesi disperati del terzo e quarto mondo di imbarcarsi in un gommone precario per arrivare sulle nostre coste **.

Ora, dopo tutto questo inglese, per rilassarmi mi vien voglia di parlare e scrivere un po’ di ideogrammi cinesi… ma mi imbatto in “single day” e Alibaba (quella di Jack Ma da Hangzhou, non quello persiano dei 40 ladroni)… che faccio? Ovviamente vado avanti, ma attraverso il “Pacific change day” e mi ritrovo nella patria del “black friday”… non c’è verso di sfuggire, sembra che il Pianeta sia troppo piccolo per chi non voglia uniformarsi.

NOTE
* State leggendo, alzate gli occhi al cielo e pensate che esagero… prendiamoci tempo e ci risentiamo tra un po' di tempo…
** qualcuno glielo dica ai salviniani e meloniani vari che è il loro (e anche nostro) modo di essere ricchi e felici è tra i principali motivi per cui parlano di muri e motovedette di frontiera che dovrebbero sparare a questi desiderosi di consumi….
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