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Processo El Chapo a New York. Un narco giudicato dai gringos
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Articolo di Redazione
2 febbraio 2019 18:57
 
   Bisogna arrivare al tribunale federale di Brooklyn prima delle sei del mattino, fare la coda, lasciare il proprio telefono all’ingresso e passare i controlli di sicurezza per sperare di assistere allo spettacolo.
Per tre mesi, dal lunedì al giovedì, decine di giornalisti e di curiosi hanno pazientato durante la notte glaciale per iscriversi sulla lista e alla fine, può darsi, raggiungere i banchi della sala d’udienza 8D, stanza del giudice Brian M.Cogan. Perché dopo metà novembre si è dispiegata una esilarante e feroce telenovella: il processo all’ex-barone della droga messicano Joaquin Guzman Loera, 61, detto El Chapo in virtù della sua figura rattrappita, arrestato a gennaio 2016 ed estradato l’anno seguente negli Stati Uniti. Dopo l’accusa che ha parlato mercoledì, la difesa ha presentato la sua arringa finale giovedì. I giurati dovranno cominciare a deliberare da lunedì.
Il verdetto di colpevolezza non lascia dubbi, tanto che i procuratori federali hanno condotto i trentotto giorni di udienze contemporaneamente con l’uso di bulldozer e bisturi: intercettazioni telefoniche, messaggi, sequestri di droghe, di armi e di documenti, informatori… E raffigurato El Chapo come il leader incontrastato e sanguinario del cartello di Sinaloa per un quarto di secolo, approvvigionando i grossi spacciatori di New York, Chicago, Atlanta, Miami o Los Angeles di tonnellate di cocaina, eroina e metamfetamine. Complessivamente, l’accusato ha chiamato alla barra 56 testimoni, tra cui 14 ex-membri dell’organizzazione criminale la maggior parte dei quali incarcerati oggi in Usa. Ex-affiliati, sicari, impiegati o un’amante, che hanno accettato di collaborare con la giustizia americana nella speranza di vedersi ridurre la pena. “Questi testimoni sono stati dei criminali” - ha detto l’accusa nel suo intervento finale rivolgendosi ai giurati -. Non vi chiediamo di voler loro bene”.

“Bel trofeo”
  La leggenda di El Chapo, fatta di dollari e sangue, di alleanze e di tradimenti, è stata quasi esclusivamente narrata dai testimoni dell’accusa, poiché la difesa ha presentato… un solo testimone alla barra, in questo mese per mezz’ora, martedì. Guzman, che si è dichiarato non-colpevole, non ha aperto bocca, salvo che per dichiarare al giudice con la sua voce nasale che non avrebbe testimoniato. I baffi tagliati, è rimasto stoico e concentrato durante tutto il processo, indirizzando talvolta un sorriso a sua moglie, l’ex-reginetta di bellezza Emma Coronel Aispuro, 29 anni, presente in tribunale grossomodo tutti i giorni. Con dieci capi d’accusa -oltre al traffico di droghe, rapimenti, possesso d’armi e riciclaggio di denaro, è accusato di aver ordinato “centinaia di atti di violenza, compresi assassinii, aggressioni, rapimenti e torture” - Guzman rischia la prigione a vita. Ma non la pena di morte, esclusa dall’accordi di estradizione con il Messico.
La difesa ha provato a presentare El Chapo come un subalterno del cartello, vittima di una faida montata da uno dei suoi ex-associati in fuga, Ismael “El Mayo” Zambada, che avrebbe corrotto le autorità messicane. “Lui non è leader di nulla – ha tentato di far intendere uno dei suoi avvocati, Jeffrey Lichtman -. Una condanna di Guzmnan sarebbe il più bel trofeo che l’accusa può desiderare, visto che lo accusa di essere il più grosso trafficante di droghe del mondo. E’ falso”. La prova, secondo lui: durante gli anni in cui è stato incarcerato in Messico, il traffico di cocaina verso gli Usa non ha avuto rallentamenti. Ma l’accusa, con l’appoggio del giudice, ha presto stroncato questa teoria, facendo notare che niente veniva portato in appoggio a questa teoria.

Mentre i pastelli virtuosi dei disegnatori dell’udienza lo ritraevano, l’accusa ha delineato da novembre il ritratto di El Chapo, nato nel 1957 in una famiglia povera di un villaggio delle montagne di Sinaloa, zona di produzione del papavero e della marijuana nel nord-ovest del Messico. L’accusa ha fatto raccontare ai testimoni la sua ascesa da venditore di salviette fino a piccolo trafficante, poi uno degli uomini più ricchi del Pianeta, con la sua flotta di battelli, jet privati, sottomarini, le sue ville lussuose ovunque in Messico. E le stravaganze della ricchezza, come il suo ranch con uno zoo privato e un piccolo treno per farlo visitare ai suoi invitati tra coccodrilli e leoni. Megalomane, al punto di incidere le sue iniziali ”JGL”, sul calcio incastonato di diamanti della sua pistola, o di voler realizzare la sua biografia, invitando un produttore colombiano in una delle sue basi per discuterne la realizzazione. Paranoico, al punto di installare delle spie elettroniche sui telefoni dei suoi affiliati e delle sue conquiste, sì da poterli costantemente tenere sotto traccia, leggere i loro sms ed ascoltare a distanza le loro conversazioni. Dal 1989 al 2014, per l’esportazione di più di 155 tonnellate di cocaina verso gli Usa. Guzman avrebbe incassato 14 miliardi di dollari. Il giro di soldi annuali del cartello di Sinaloa è stimato in 3 miliardi di dollari.

Un ex-pilota e gestore degli affari del trafficante, Miguel Angel Martinez, ha testimoniato che El Chapo poteva gestire fino a tre aerei al giorno che venivano dagli Usa ed erano pieni di dollari. Altrove, tonnellate di cocaina colombiana arrivavano in nave in Messico, cambiando bandiera una volta che erano nelle acque internazionali. Un carico di 16 tonnellate appartenente al cartello, uno dei maggiori sequestri della storia dei guardacoste americani, fu per esempio intercettato a maggio 2007 su una nave che passava al largo di Panama. Una volta in Messico, la cocaina, ha spiegato Miguel Angel Martinez, veniva esportata in Usa, nascosta in veicoli che passavano i posti di frontiera (per diversi anni, la cocaina del cartello di Sinaloa era nascosta in scatole di conserve di peperoni: più recentemente, con delle banane di plastica), per via aerea o attraverso decine di tunnel scavati sotto le frontiere. Senza offesa a Donald Trump e al suo muro, che non potrebbe fare chissà quali grandi cose.

Vestiti sporchi

  Le testimonianze sono state un flusso continuo. Un processo con dei cassetti da cui venivano fuori rivelazioni inaspettate, come quella accusa di una mazzetta di 100 milioni di dollari versati dal cartello all’ex-presidente messicano Enrique Pena Nieto (che nega). O quella della complicità della moglie di Guzman, Emma Coronel, nella sua seconda evasione dalla prigione (con lei che ascolta seduta in sala). Nel 2001, il nostro scappa dalla sua prima prigione messicana, nascosto in un carrello di vestiti sporchi spinto da un impiegato del penitenziario.
Nel 2015, attraverso un tunnel di un chilometro e mezzo scavato per otto mesi sotto la sua cella (alcuni detenuti si sono lamentati anche del rumore), dove l’attendeva un complice su una motocicletta che scorreva su dei binari. Perché l’aria fosse respirabile, una ventola era stata installata nel tunnel con tanto di generatore, che all’esterno in superficie non si vedeva perché nascosto in un barbecue. Secondo l’ex-braccio destro di El Chapo, Damaso Lopez Nunez, Coronel avrebbe dato a suo marito un orologio con GPS per localizzare la sua cella e coordinare la fuga con i “Chapitos”, i figli del trafficante.
Rivelazioni che, a posteriori, hanno spiegato le misure draconiane imposte dalla giustizia americana: Coronel non ha ottenuto il diritto di visitare suo marito nella prigione di massima sicurezza di Manhattan dove era incarcerato in attesa del suo processo. Il giudice Cogan ha rifiutato ogni contato fisico tra loro – una richiesta perché avesse potuto abbracciarsi prima dell’inizio del processo era stata depositata in merito dai suoi avvocati.

Chimera schiacciata
  Diversi aneddoti poco credibili sono pressocché quotidianamente comparsi nelle udienze. Come quella volta che, nel 2014 a Culiacan, El Chapo è scappato giusto in tempo da un raid della polizia messicana di prima mattina, attraverso un tunnel dissimulato sotto la sua vasca da bagno, e che lui stesso ha dovuto nuotare nell’acqua salmastra. O quella volta che uno dei piloti del cartello è precipitato col suo elicottero che aveva fatto decollare da un hangar. El Chapo in quella occasione ha fatto finta che l’elicottero fosse cascato dall’alto di una scogliera per frodare l’assicurazione. O ancora, le sue 20 tonnellate di cocaina buttate in mare al largo del Messico da un suo capitano che aveva creduto, a torto, di stare per incrociare i guardacoste americani. Questa storia la racconta Juan Carlos Ramirez Abadia, ex-leader del cartello colombiano di Norte del Valle e partner chiave di Guzman. Con la sua faccia da chimera schiacciata grazie ai molteplici interventi di chirurgia plastica durante gli anni di fuga, “Chupeta”, così come era soprannominato, da solo valeva il viaggio. Nella sua testimonianza ha riconosciuto di aver ordinato l’esecuzione di “almeno 150 persone”.

Aggiungendo un tassello alla telenovella di El Chapo, di cui non sentivamo la mancanza, l’interrogatorio di una delle sue amanti, l’ex-deputata locale Lucero Guadalupe Sanchez Lopez, ha movimentato l’udienza. Nell’aula, Guzman e sua moglie. Alla sbarra, l’amante, con la sua divisa grigia da detenuta – che si era dichiarata colpevole l’anno scorso per traffico di droga. “Ancora oggi, sono turbata, ero convinta che tra noi ci fosse un legame sentimentale”, ha detto singhiozzando. Lei incontra El Chapo nel 2010, e la loro relazione è diventata di dominio pubblico grazie ad una foto pubblicata sulla stampa messicana alcuni anni dopo. Proiettata su un grande schermo davanti alla giuria, la si vede, incinta, quando era andata a visitare Guzman in prigione. L’immagine è seguita da altre di questo fotoromanzo giudiziario, sms e lettere d’amore, dove El Chapo la chiama “mia regina”. Ma parla anche di affari: lei comprava per Guzman centinaia di chili di marijuana nelle montagne di Sinaloa, in seguito creò un’azienda in Messico per riciclare i soldi del cartello.

La “success-story” cinica, le evasioni epiche, l’inventiva e la resilienza di El Chapo sono sembrate per diverso tempo senza limiti. I soprannomi dei suoi compagni - “El Gordo”(il grosso”), “El negro”, “Fantasma” - si sono aggiunti al folklore. Questi ingredienti sono materia per la storia di Joacquin Guzman Loera nei “narcorridos” - le ballate messicane che raccontano le vicende in armi dei capi del cartello -, tra i giornalisti o nelle serie Netflix. Gli ultimi giorni del processo ci hanno mostrato dei livelli spettacolari. Venuto a studiare il suo personaggio, l’attore messicano Alejandro Edda, che interpreta Guzman nella serie “Narcos: Mexico”, ha assistito all’udienza. L’accusato, avvertito da uno dei suoi avvocati, lo ha accolto con un sorriso aperto. Altro momento chiave di questo processo-spettacolo, l’evocazione dell’assassinio del giornalista messicano Javier Valdez Cardenas, ucciso a Culiacan nel 2017, ha fatto trasalire i suoi colleghi presenti in tribunale per coprire il processo. Il co-fondatore del giornale di Sinaloa “Riodoce”, che dava informazioni senza scrupoli sul cartello e le sue scorribande, è stato una delle vittime collaterali della guerra per la successione tra il figlio di Damaso Lopez Nunez e quelli di El Chapo dopo l’arresto di quest’ultimo. Se i cecchini sono oggi conosciuti, non si può dire altrettanto per i mandanti. Durante il suo interrogatorio, Lopez Nunez ha accusato i “Chapitos”.

“Marchiati col ferro rovente”
  Alcune testimonianze hanno permesso di venir fuori dallo scontato romanzo delle gesta di El Chapo, per confrontarsi con la realtà di un Messico insanguinato, corrotto e preso in ostaggio dai cartelli. E il coinvolgimento diretto in queste violenze del narcotrafficante stesso. Alcuni testimoni hanno dichiarato di averlo visto ordinare rapimenti e assassinii dei rivali o di poliziotti che rifiutavano di farsi comprare. Un ex-killer ingaggiato da Guzman, Isaias Valdez Rios, ha senza dubbio rilasciato a fine gennaio la testimonianza più significativa sul suo capo in disgrazia. Questo ex-membro delle forze speciali messicane ha raccontato, davanti ad un tribunale sbalordito e un Guzman imperturbabile, di averlo visto torturare e uccidere tre narcotrafficanti di cartelli rivali. Uno di questi, col torso “talmente marchiato col ferro rovente che la sua t-shirt era attaccata alla sua pelle”, è stato sotterrato vivo. Le ossa degli altri due sono state bruciate “come se fossero bambole di pezza”, prima di essere uccisi e i loro corpi gettati in un braciere. El Chapo avrebbe in seguito detto ai suoi sicari “Non deve rimanere neanche un osso”.

(articolo di Isabelle Hanne, corrispondente da New York, pubblicato sul quotidiano Libération del 02/02/2019)


 Qui gli articoli pubblicati sul processo di New York:

- Si apre a New York il processo al narcoboss messicano El Chapo. Miti e leggende (05/11/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/si+apre+new+york+processo+al+narcoboss+messicano+el_28676.php

- Processo narco El Chapo a New York entra nel vivo. Come i costi lievitano dalla distribuzione al dettaglio (15/11/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+entra+nel+vivo+come_28729.php

- Processo narcos El Chapo a New York. La metamorfosi dell'arricchito (28/11/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+narcos+el+chapo+new+york+metamorfosi+dell_28803.php

- Processo boss narcos El Chapo a New York. Le testimonianze (02/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+boss+narcos+el+chapo+new+york_28825.php

- Processo boss narcos El Chapo a New York. Quanto si è appreso dopo cinque settimane (12/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+boss+narcos+el+chapo+new+york+quanto+si_28866.php

- Processo El Chapo a New York. Una finestra sulla violenza del narco (16/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+finestra+sulla+violenza_28893.php

- Processo El Chapo a New York. Il narco è una calamita per i turisti (19/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+narco+calamita+turisti_28905.php

- Processo El Chapo a New York. Il maggior trafficante del narco racconta come lo ha tradito (19/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+maggior+trafficante_28909.php

- Processo El Chapo a New York. La costosa difesa del narco che nessuno sa come verrà pagata (23/12/2018)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+costosa+difesa+narco+che_28931.php

- Processo narco El Chapo a New York. Riprese le udienze (04/01/2019)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+riprese+udienze_28982.php

- Processo narco El Chapo a New York. Le intercettazioni (09/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+intercettazioni_29007.php

- Processo narco El Chapo a New York. L’intreccio con sua moglie Emma Coronel e la sua infedeltà (10/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+intreccio+sua_29010.php

- Processo narco El Chapo a New York. Come funzionano le comunicazioni ‘interne’ di un cartello (12/01/2019)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+come+funzionano_29028.php

- Processo narco El Chapo a New York. Le fughe tra le montagne di Sinaloa (15/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+fughe+montagne_29038.php

- Processo narco El Chapo a New York. Corrotto il presidente messicano? (16/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+corrotto_29040.php

- Processo narco El Chapo a New York. La testimonianza dell’amante e politica dello Stato di Sinaloa (18/01/2019)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+testimonianza+dell_29045.php

- Processo narco El Chapo a New York. Tra torture ed esecuzioni dei rivali Los Zetas (25/01/2019)
https://droghe.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+torture+esecuzioni_29085.php

- Processo narco El Chapo a New York. Intanto tutto cambia a Sinaloa... per restare uguale (27/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+intanto+tutto_29093.php

- Processo narco El Chapo a New York. Uno spettacolo! (30/01/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+spettacolo_29110.php

- Processo narco El Chapo a New York. E' Zambada il capo del cartello di Sinaloa? (02/02/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chap+new+york+zambada+capo_29127.php

- Processo El Chapo a New York. Un narco giudicato dai gringos (02/02/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+el+chapo+new+york+narco+giudicato+dai_29129.php

- Processo narco El Chapo a New York. Slitta il verdetto della giuria (06(02/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+slitta+verdetto_29146.php

- Processo narco El Chapo a New York. Le chiavi di un processo spettacolo (09/02/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+chapo+new+york+chiavi+processo_29161.php

- Processo narco a New York. La turbolenta vita di El Chapo (10/02/2019)
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+new+york+turbolenta+vita+el+chapo_29163.php

- Processo narco El Capo a New York. Giuria: è colpevole
https://www.aduc.it/articolo/processo+narco+el+capo+new+york+giuria+colpevole_29173.php
 
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