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Mps, ma sappiamo bene chi è e cosa ha fatto? Verso una nuova Alitalia?
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Comunicato di Vincenzo Donvito
1 agosto 2021 14:35
 
 Mps è il nome di una banca che dovrebbe incutere timore e sicurezza perché nel suo logo primeggia la data di fondazione (1472), evocando la grandezza rinascimentale dei banchieri senesi, Ma oggi è una banca che, in base agli stress test dell’Eba (l’autorità europea di sorveglianza sul sistema bancario) è il peggiore dei 50 istituti analizzati. E per non andare a fondo avrebbe bisogno di 2,5 miliardi; bisogno per il quale si è fatta avanti Unicredit (azionisti di ogni tipo), promossa dall’Eba.
Mps è proprietà, dalla fine del secolo scorso (legge Amato per far uscire lo Stato dalla gestione) di una fondazione espressione del potere locale (Comune, Provincia, Regione, Università, tutti di sinistra con in più anche l’Arcidiocesi senese).

E’ bene premettere che dal 2017 Mps è al 70% dello Stato italiano. Che ha rimediato alle politiche disastrose per i risparmiatori, smascherate anche da associazioni come Aduc (per cui ci siamo beccati anche delle denunce finite poi nel nulla): “4You” e “My Way”, schemi di indebitamento dei primi anni 2000 per risparmiatori privati che consentivano di investire in Borsa con capitali prestati dalla banca; carta straccia con lo scoppio della bolla speculativa delle dotcom, e Mps, grossomodo, ha dovuto rimborsare.
Nonostante questo flop Mps subito dopo si espanse acquistando Antonveneta (16,5 miliardi tra esborso e accollo debiti) a cui rimediò, sempre grazie alla nomea del marketing e con aiuti politici di ogni dove, con un aumento di capitale di 9 miliardi.
E poi (crisi finanziaria 2008) Mps attinge ai “Tremonti Bond” (diventati poi “Monti bond”) che riesce a rimborsare solo nel 2015 facendo entrare lo Stato col 4% nel capitale.
Non paga, coi prodotti derivati Alexandria e Santorini (tenuti nascosti anche a Bankitalia) fa un nuovo buco di 730 milioni (conseguenza di rilevo: il presunto suicidio del capo della comunicazione David Rossi).
Tutto questo, per far fede all’assioma che “le banche non falliscono mai” ha portato lo Stato, nel 2017, ad acquisire appunto il 70% di capitale per evitare il cosiddetto peggio.

E siamo all’oggi. Prospettiva Unicredit con ridimensionamento o, come vorrebbero tanti politici con in testa la Regione Toscana che si preoccupa della toscanità (1), confermarla come carrozzone dello Stato (le nostre tasse) al pari di Alitalia, in vista di una resurrezione che suona impossibile… i fatti sopra elencati sono eloquenti.
Fatti che hanno nomi e cognomi, il fior fiore di quelli che una volta si chiamavano boiardi di Stato ma che oggi si chiamano manager privati che rischiano coi soldi dello Stato. Ecco alcuni nomi dei protagonisti passati e attuali: Vincenzo De Bustis, Giuseppe Mussari, Antonio Vigni, Gianluca Baldassarri, Daniele Pirondini, Alessandro Profumo, Massimo Tononi, Fabrizio Viola , Marco Morelli, Alessandro Falciai, Guido Bastianini.

Le banche devono continuare a non fallire mai?

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