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 ITALIA - ITALIA - Chiesa e Imu. Cassazione: non contano ai fini tributari le finalità solidaristiche
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25 settembre 2020 8:37
 
La Cassazione bacchetta i giudici di merito. Le parrocchie pagano l'imposta municipale anche se svolgono le attività ricettive e scolastiche con finalità solidaristiche. Quello che i giudici tributari devono accertare è se le attività sono rivolte a un pubblico indifferenziato o a categorie predefinite di soggetti, se vengono svolte per tutto l'anno e quali tariffe e compensi vengono applicate. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l'ordinanza 18831 del 10 settembre 2020, che ha annullato con rinvio la pronuncia dei giudici d'appello.
Per i giudici di piazza Cavour, non può essere riconosciuta l'esenzione dall'imposta comunale qualora un ente non profit «svolga un'attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente».
Nel caso in esame, la parrocchia svolgeva negli immobili attività ricettive e didattiche. Quindi, attività diverse da quelle di religione e di culto.
Secondo la Cassazione, i giudici avrebbero dovuto accertare, essendo «irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche, che certamente connotano le attività ricettive svolta dalla parrocchia», se l'attività ricettiva svolta «fosse rivolta ad un pubblico indifferenziato ovvero a categorie predefinite di soggetti; se il servizio venisse offerto per l'intero anno solare; se la struttura funzionasse o meno come un normale istituto scolastico; quale tipo di tariffa venisse applicata e quale tipo di compenso venisse richiesto».
In base a quanto disposto dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992 sono esonerati dal pagamento dell'imposta municipale gli immobili in cui vengono svolte le attività sanitarie, didattiche, ricreative, ricettive, sportive, assistenziali, culturali e così via, con modalità non commerciali.
Requisito essenziale per fruire dell'agevolazione è il possesso qualificato da parte dell'ente non profit.
Per l'esonero non è sufficiente il possesso di fatto. La Cassazione (ordinanza 10754/2017) ha più volte precisato che gli enti interessati sono soggetti al pagamento se non svolgono l'attività a titolo gratuito o con la richiesta di un importo simbolico. Inoltre, ha chiarito che sono soggetti al pagamento gli immobili utilizzati per lo svolgimento dell'attività didattica, anche se gli istituti interessati rispettano gli standard per l'insegnamento, accolgono gli alunni portatori di handicap, applicano la contrattazione collettiva e reinvestono gli avanzi di gestione.
L'osservanza di queste condizioni non fa venir meno la natura economica dell'attività svolta. Peraltro, l'esenzione non spetta anche se le attività operano in perdita, poiché si può esercitare un'impresa con modalità commerciali a prescindere dal risultato della gestione.
Anche la convenzione con gli enti pubblici (Stato, regioni, enti locali) non esclude la logica del profitto e non conferma che l'obbiettivo perseguito sia quello di soddisfare bisogni socialmente rilevanti, che le strutture pubbliche non sono in grado di assicurare.
Non è richiesto che gli enti non commerciali debbano essere iscritti nel registro unico nazionale degli enti del terzo settore (Runts). L'esenzione totale o parziale, in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi, deve essere riconosciuta anche con la nuova Imu. L'articolo 1, comma 759, lettera g) della legge di Bilancio 2020 (160/2019), infatti, riconosce agli enti il diritto all'esenzione alle stesse condizioni fissate dalla vecchia normativa.

(articolo di Sergio Trovato, su Italia Oggi del 25/09/2020)
 
 
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