testata ADUC
IL CENTESIMO NOME DI ALLAH. OVVERO: PRESENTI AL PRESENTE
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Annapaola Laldi
1 luglio 2002 0:00
 
La calura che imperversa richiede una certa lievita'.

Mi pare che faccia al caso il racconto che segue, che traggo da "TUFFARSI IN PROFONDITA' -Una scuola di preghiera" di Hubertus Halbfas, pubblicato nel 1996 dalla casa editrice Queriniana di Brescia (www.queriniana.it), alla cui cortesia devo il permesso di proporlo in questa sede.
(Nel libro, il racconto s'intitola "Le scarpe verdi", ed e' presentato, a sua volta, come rielaborazione di una sceneggiatura radiofonica, di cui conserva, in gran parte, la forma di dialogo).



LE SCARPE VERDI

Tutto era cominciato con l'importazione di carne. Era stata questa la prima pietra di un commercio di pesce, che l'egiziano Hakim e sua moglie Fatima esercitavano a Damasco. Piu' tardi, quando diventarono ricchi, camion frigoriferi e celle frigorifere permisero di commerciare col pesce fresco, un ottimo affare in una citta' lontana dal mare.

L'azienda in espansione e il benessere crescente spinsero pero' Hakim in una malinconia sempre piu' profonda. Presto lascio' tutti gli affari alla moglie e si sprofondo' nello studio del Corano e delle scritture della fede. Il giorno in cui Fatima comprava il cinquantesimo camion e l'ottavo aereo, fu lo stesso in cui egli capi' in quale direzione doveva rivolgere la sua meditazione e il suo studio: il centesimo nome di Allah: In esso era nascosto il segreto del mondo. Ma per quanto Hakim leggesse, questo nome non stava scritto da nessuna parte. A causa dei libri, sui quali effettuava la sua ricerca, dovette ampliare piu' volte la casa. Assunse tre segretari, che leggevano per lui le lingue straniere. Inizio' uno scambio epistolare con tutte le associazioni di studiosi e tutte le biblioteche del mondo.

Un giorno, mentre gli stava arrivando una grossa spedizione di libri -l'edizione completa dei filosofi tedeschi-, Hakim senti' una voce: "Hakim, lascia stare i libri! Hakim, lascia stare i libri!". E la stessa voce gli dette l'incarico: "Hakim, vai a Parigi, in rue Geoffroy 17, dal mastro calzolaio Albert Dupont. Lui sa il centesimo nome di Allah! Hakim, vai a Parigi....".

Hakim si mise in viaggio e trovo' Monsieur Dupont. "Vengo per il centesimo nome di Allah, signor Dupont, per il centesimo nome di Allah!". Ma il mastro calzolaio non stava affatto a sentire quello che lui gli diceva. A lui interessavano piedi e scarpe, e tutto cio' che lo spingeva era il desiderio di fare una scarpa comoda e sana per i suoi clienti.

HAKIM: Signor Dupont, non mi tenga sulla corda! Qual'e', qual'e' il centesimo nome di Allah?
DUPONT: Non lo so, in fede mia.
HAKIM: Perche' il profeta mi ha mandato da Lei. Deve avere un motivo.
DUPONT: Certamente. Altrimenti il Suo profeta non l'avrebbe mandata da me. Ora pero' bisogna che segni il suo piede sinistro, e vorrei fare anche un disegno del Suo malleolo.
HAKIM: Ma ci pensi un po'!
DUPONT: Ammetto di essere un gran dimenticone in tutto quanto non ha a che fare coi piedi.
HAKIM: (pieno di speranza) E' certamente cosi'! Cerchi di ricordarselo!
DUPONT: Conosco poco la Sua fede. Ho sempre pensato che Allah si chiamasse Allah.
HAKIM: Allah e' Allah, e ha cento nomi. Novantanove sono conosciuti.
DUPONT: Ah! Per esempio?
HAKIM: L'Unico, l'Eterno, il Primo.
DUPONT: (furbamente) Ci sono.
HAKIM: Si'?
DUPONT: L'Ultimo.
HAKIM: E' il nome numero quattro della lista di Ibn Madja.
DUPONT: (anche lui deluso).... Torniamo ai piedi.

Con tutto il suo zelo per le scarpe di Hakim, che quest'ultimo neppure vuole, Monsieur Dupont porta Hakim alla disperazione. Deluso, egli lascia il negozio per fare ritorno a casa dopo questo evidente errore del profeta. Ma la voce lo rimanda spietatamente alla fredda realta' di Parigi: "Hakim, vai al ristorante "Au Poisson Rouge" in rue de la Harpe e chiedi della cuoca Janine. Lei sa il centesimo nome di Allah". Al "Poisson Rouge" Hakim trova Janine, una donna corpulenta. "Caro signore", gli dice Janine, "la grande cucina celebre nel mondo, ecco chi sono io!". Ma dell'orgoglio professionale di Janine ad Hakim non importa un bel niente. Con impazienza interrompe tutte le informazioni che lei gli sta dando della sua arte gastronomica.

HAKIM: Il nome, Janine! Il nome di Allah, il centesimo nome di Allah! Lei lo sa!
JANINE: Cos'e', una parola d'ordine?
HAKIM: In un certo modo e' una specie di parola d'ordine. Ma non i novantanove comuni, Janine! Questi non me li faccio dare a bere!
JIANINE: Ma io non do a bere un bel niente a nessuno! Sul mio onore di cuoca!
HAKIM: Il centesimo nome di Allah!...
JIANINE: Se questo ti facesse stare tranquillo, potrei dare questo nome a un nuovo piatto. E' un sacco di tempo che ho in testa un sugo di molluschi. Capisci, tutte queste sono composizioni. Io le chiamo composizioni. In fin dei conti siamo degli artisti.
HAKIM: Lei mi delude, Janine.
JIANINE: Oh!
LA PADRONA (dall'interno): Janine!
JIANINE: E' l'ora della cena. Lo so. (Rivolgendosi a Hakim): Ma non siamo arrivati al tema.
HAKIM: No.
JIANINE: Tu sei uno scombinato, e' questo il punto. Pero' mi piaci proprio.
HAKIM: Anche Lei mi piace. Ma...
JIANINE: Prima di continuare a discutere, bisogna che tu mangi qui almeno una volta. Non oggi! Preparero' qualcosa di speciale per te.
HAKIM: Non e' necessario.
JIANINE: Ma si' che e' necessario, mattarello! E un giorno che possiamo parlare senza essere disturbati. Giovedi' prossimo, va bene?
HAKIM: Giovedi' prossimo.
JIANINE: E sei mio ospite.
HAKIM: Grazie.
JIANINE: Hai un'amica?
HAKIM: No.
JIANINE: Forse, di qui a giovedi' ne avrai una. In tal caso porta anche lei.

Hakim lascio' Jianine con un dubbio profondo. Era possibile che Mohammed si sbagliasse cosi'? Ne' Dupont ne' Janine non avevano avuto neppure la piu' pallida idea del centesimo nome di Allah, e non conoscevano neanche gli altri novantanove. Comincio' a studiare orari ferroviari e opuscoli degli aerei. Ma proprio quando aveva deciso di partire, ecco di nuovo il profeta: "Hakim, vai da Mademoiselle Ninon Dufresne, in rue du Beau Soupir, 18. Lei conosce il centesimo nome di Allah".

HAKIM: Buon giorni, Ninon.
NINON:: Buon giorno, -
HAKIM: Hakim.
NINON: Buon giorno, Hakim!
HAKIM: Il nome, Le dice niente?
NINON: Cosa dovrebbe dirmi?
HAKIM: Pensavo che Lei sapesse che stavo arrivando.
NINON: Non lo sapevo, ma ne sono lieta.
HAKIM: Non sono venuto in questa casa perche' e' una casa cosi'.
NINON: Ma?
HAKIM: Lei sa il centesimo nome di Allah?
NINON: Se mi volesse spiegare!
HAKIM: Non i novantanove nomi, ognuno li conosce! Il centesimo, il nome che comprende tutto, che muove il cielo e la terra...
NINON: Non se la prenda, ma io non capisco niente di cio' che dice.
HAKIM: Allora anche questo e' un malinteso.
NINON: (sinceramente rattristata) Mi dispiace tantissimo.
HAKIM: Il profeta, proprio non lo capisco.
NINON: Ma Lei non avra' mica preteso che lo capissi io?
HAKIM: Proprio cosi'.
NINON: E per questo e' venuto?
HAKIM: Si'.
NINON: E proprio da me?
HAKIM: Si'.
NINON: Non voglio deluderLa. Glielo voglio dire chiaro: non sono particolarmente intelligente.
HAKIM: Non ha niente a che fare con l'intelligenza.
NINON: E' una cosa che spesso mi rincresce. Alcuni vogliono essere intrattenuti a conversare. Lei non puo' credere quanti problemi ci sono nel mondo sui quali mi vengono a fare domande. Allah e' uno dei piu' piccoli.
HAKIM: E' il piu' grande.

Hakim conobbe da Ninon un calore e una gentilezza spontanei. Per ordine della voce resto' con lei una notte, ma non trovo' il centesimo nome di Allah. Quando, disperato, decise di lasciare Parigi, venne a sapere che tutti i suoi conti correnti erano stati bloccati e, contemporaneamente, la moglie gli telegrafo' di tornare subito a casa. Senza mezzi, si mise in cammino -a piedi- nelle scarpe verdi che aveva ordinato a Monsieur Dupont e aveva pagato con l'ultimo contante che aveva in tasca. Ma solo quando fu arrivato a Damasco venne a sapere che cosa era successo. Per motivi politici era stato espropriato perche' straniero, e a lui e a Fatima era stata confiscata ogni proprieta'. Poveri in canna come si erano ridotti, trovarono alla fine un posto come domestici presso l'ambasciata egiziana.

HAKIM: .... Tutto invano. Il viaggio a Parigi, il commercio del pesce e le parole del profeta!
FATIMA: C'e' una cosa che mi colpisce. Il giorno in cui ti inviai il telegramma...
HAKIM: Il giorno disgraziato. Dupont e' morto, Ninon scappata col mio denaro, Janine rapita!
FATIMA: Quel giorno il profeta mi ha detto qualcosa.
HAKIM: In relazione agli affari?...
FATIMA: Oh no! Aspettavo da lui consiglio e aiuto. E invece si mise a parlare di botanica.
HAKIM: Un settore nuovo.
FATIMA: "Una palma da datteri", diceva, "e' una palma da datteri".
HAKIM: Oh grande saggezza!
FATIMA: "O miracolo, te la dico in un orecchio".
HAKIM: Come?
FATIMA: Lui disse: "O miracolo, te la dico in un orecchio".
HAKIM: Non e' un miracolo particolare. Ti ha detto una parola nell'orecchio. Naturalmente. Non ci sono che parole e non palme da datteri.
FATIMA: E poi prosegui': "O miracolo di tutti i miracoli, cio' che non e' mai stato udito e' una palma da datteri".
HAKIM: Ma ora ci sono solo palme da datteri e non parole. Dovrebbe essere ancora un affare di botanica?
FATIMA: Una specie di oracolo, non e' vero?
HAKIM: Hmmm... E non ti ha detto niente di un paio di stivali verdi?
FATIMA: E come avrebbe dovuto?
HAKIM: Ma se a Parigi non ho visto nessuna palma da datteri!
FATIMA: Come? Pensi forse?
HAKIM: Si'-
FATIMA: Il centesimo nome di Allah, un paio di stivali verdi?
HAKIM: Un arrosto di vitello, una bella nottata.
FATIMA: Che bestemmia! Basta cosi'!
HAKIM: Forse il profeta pensa che avrei capito meglio la bestemmia a Parigi che la semplicita' a Damasco.
FATIMA: Che spreco!
HAKIM: "Tant de bruit", per dirla in modo ancora piu' chiaro. Devo ammettere che il profeta mi ha sopravvalutato.
FATIMA: (arrabbiata) Te e il profeta!
HAKIM: E' cosi'. Il centesimo nome di Allah: un arrosto di manzo. Che delusione!

Passarono gli anni. Hakim e Fatima restarono come domestici all'ambasciata. Un giorno, quando cominciavano a essere in la' con gli anni, entro' nell'ambasciata un giovanotto, proprio mentre Hakim stava pulendo l'ingresso.

GIOVANOTTO: Non mi mandi via! Vengo da lontano, ho i piedi feriti.
HAKIM: A piedi? Che follia! Ci sono navi, automobili, aerei.
GIOVANOTTO: Il profeta mi ha detto: mettiti in cammino! Non mi ha detto: prendi un mezzo!
HAKIM: Mohammed e' morto nel decimo anno della nostra era.
GIOVANOTTO: Mi e' apparso e mi ha detto....
HAKIM: Le e' apparso? Allora e' un altro paio di maniche! Si sieda sugli scalini accanto a me!
GIOVANOTTO: Mi ha detto: mettiti in cammino e vai a Damasco da Hakim l'egiziano. Lui ti dira' come ha fatto a conoscere il centesimo nome di Allah.
HAKIM: Le e' apparso spesso il profeta?
GIOVANOTTO: Soltanto questa volta.
HAKIM: Come ha fatto ad accorgersi che era proprio lui?
GIOVANOTTO: Non lo so come ho fatto ad accorgermene, ma non c'erano dubbi che fosse lui.
HAKIM: Le e' apparso in carne e ossa?
GIOVANOTTO: Non e' che mi sia proprio apparso. Ho sentito la sua voce.
HAKIM: Proprio come e' successo a me.
GIOVANOTTO: Come e' successo a Lei?
HAKIM: Tempo fa. Ma sono anni e anni che non e' piu' successo.
GIOVANOTTO: E' perche' Lei sa ormai tutto.
HAKIM: Io?
GIOVANOTTO: Il centesimo nome di Allah!... Non me lo vuole dire?
HAKIM: Perche' io non lo so. Ma le voglio raccontare come l'ho appreso.

E Hakim racconto' al giovanotto la sua storia -fino all'ultima delusione che il centesimo nome di Allah doveva essere un arrosto di vitello.

GIOVANOTTO: Ne sono deluso anch'io, o padre della saggezza.
HAKIM: Ma intanto sono passati trent'anni, caro giovanotto, e la cosa non mi delude piu'-
GIOVANOTTO: Per esempio, le scarpe. Che cosa c'era di particolare nelle scarpe? Camminavano da sole, nevvero?
HAKIM: Da sole, come camminano le scarpe buone.
GIOVANOTTO: L'arrosto di vitello di Janine?
HAKIM: Buono, com'e' buono un buon arrosto di vitello.
GIOVANOTTO: La notte con Ninon?
HAKIM: Bella come e' una bella notte.
GIOVANOTTO: Niente da nessuna parte che andasse al di la' della cosa.
HAKIM: Lo ammetto.
GIOVANOTTO: La nottata con Ninon e' passata, o padre della saggezza, e l'arrosto di vitello mangiato. Ma gli stivali, se mi e' concesso, potrei vedere gli stivali?
HAKIM: Gli stivali li ho buttati via quando non servivano piu'.
GIOVANOTTO: Buttato via il centesimo nome di Allah?
HAKIM: O stolto incorreggibile! Stolto, proprio come sono stato anch'io! Quando mi si apersero gli occhi, vidi e sentii il centesimo nome di Allah tradotto cento e mille volte. Nel richiamo di un uccello e nello sguardo di un bambino, in una nuvola, in un mattone e nel grido del cammello.
GIOVANOTTO: Tutto cio' allora e'....
HAKIM: "Puo'" essere!
GIOVANOTTO: Sfumature!
HAKIM: Che non valgono di fronte alla Sua impazienza.
GIOVANOTTO: O padre della saggezza, ma Lei traduce.
HAKIM: E' cosi' facendo che lo nomino.
GIOVANOTTO: Ma io voglio il nome com'e'.
HAKIM: Bisogna tradurre, quando l'originale non si puo' capire.
GIOVANOTTO: Insisto.
HAKIM: Abbia pazienza, giovane signore. Lei sta insistendo sulla Sua morte....
GIOVANOTTO: Come?
HAKIM: Ma nel parlare con Lei ho tralasciato di fare una nuova traduzione del centesimo nome di Allah.
GIOVANOTTO: Sono curioso.
HAKIM: Nella lucentezza delle scale, giovane signore! Prenda la granata e mi dia una mano!


Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS