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SULL'ACQUA
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Articolo di Annapaola Laldi
15 novembre 2001 0:00
 
E' una bella domenica.....d'autunno?
Mah! A dire il vero, e' il secondo anno che l'autunno sembra proprio sparito (e anche l'inverno, almeno l'anno passato).
Comunque, stando al calendario, si', e' una bella domenica d'autunno.
Passando per strette e tortuose stradine solitarie, mi sono arrampicata sulla collina dove abitano due miei vecchi amici. Vecchi in tutti i sensi, sia perche' sono piu' di 30 anni che ci conosciamo sia perche' lui ha appena superato gli 80 anni e lei ci si sta avvicinando.
Stanno in una casetta tirata su da loro una quarantina d'anni fa, quando la gente di li' aveva fretta di scendere al piano e il terreno per costruire costava cosi' poco che anche loro -sia pure tirando parecchio la cinghia e lavorando sodo- poterono permettersi di comprarne un bel pezzo. Anche per l'orto, anche per il giardino.
Da li' dominano la conca che contiene Firenze, e hanno il polso della situazione della citta' meglio di chi ci sta dentro. Certe mattine -mi dicono- c'e' sopra una spessa caligine rossastra. Sinistra. Inquietante.
Dopo mangiato, arrivano due cugini, appena un po' piu' giovani. Anche loro hanno fatto i contadini per gran parte della vita su colline poco distanti da li', forse un po' piu' alte.
Si mettono a parlare, e io li sto a sentire in silenzio, mentre ricordano soprattutto l'acqua. L'acqua dei fossi che attraversavano i campi e correvano lungo le strade, tumultuosa e rombante tanto che certe notti non potevano dormire.
E le "strozze", le fonti, che sgorgavano un po' ovunque; acqua buona dove la gente andava ad attingere per i bisogni della casa e delle bestie, e dove non mancava quasi mai il lavatoio per lavare i panni. E l'acqua libera -ricordano ancora- se ne andava a ricongiungersi al torrente e al fiume, e non c'era spreco. E' per me che precisano: restava pulita. Ora anche quella pulita va a finire nelle fogne.
Ora la campagna e' muta di questa voce. I pochi fossi rimasti scoperti sono quasi sempre secchi. Sono scomparse tante fonti. Non solo perche' sono state imbrigliate per portare l'acqua nelle case, ma alcune sono proprio seccate. Il cugino ne enumera alcune del paese in cui vive.
C'e' meno acqua. Perche' piove in modo diverso. Ora viene giu' il mondo, allaga, fa danni e poi mesi all'asciutto.
Si' -assentisce la mia vecchia amica- ma e' la neve che conta di piu'. E' lei che entra giu' giu', piano piano, nel terreno e abbevera le sorgenti.
Dice proprio cosi': "abbevera le sorgenti".
Ascolto in silenzio. Ho abbastanza anni anch'io per ricordarmi bene una quarantina d'anni fa (ma anche una cinquantina, a dire il vero). Ma ho sempre abitato nella "citta' murata", anche se era una piccola citta' che bastava fare, davvero, quattro o cinque pedalate e si era in campagna. Un'altra campagna, pero', in pianura.
E la neve me la ricordo come un fatto eccezionale, lì, in città. Pero', ora che ci penso, alzo gli occhi della memoria, in un inverno qualsiasi della mia infanzia, sulla collina -avamposto di montagne piu' alte- che domina quella citta' e, si', e' vero, la vedo, vedo la neve. Non piu' di duecento metri sopra la citta'. C'era anche un detto: "Per la santa Caterina (25 novembre), la neve e' alla collina. O se non c'e', c'e' vicina". Ma spesso veniva prima.
E' vero. Quella spolverata bianca iniziale, che poi diventava un manto piu' spesso, che a volte durava fino a febbraio inoltrato, non l'ho piu' vista da anni e anni, nelle mie pur frequenti visite dopo essermi trasferita altrove; ma non ci avevo fatto caso, perche', evidentemente, cambiando residenza, ho perso alcuni punti di riferimento, fra cui questo.
E' un'altra domenica. E questa volta sembra che l'autunno sia arrivato. Tira un vento forte (c'e' bora a Trieste) e piove a raffica. La temperatura e' scesa, ma resta sempre al di sopra delle vecchie medie stagionali.
Ho conservato una pagina della "Repubblica" del 7 novembre, perché mi interessava un articolo sulla scuola.
Ma ora lo sguardo si posa sul breve pezzo in cima alla pagina.
"Ghiacciai del Kilimangiaro: addio in meno di vent'anni". E' la denuncia di Greenpeace alla conferenza di Marrakech. L'80% del ghiaccio e' gia' andato perduto e il 33% e' svanito negli ultimi 12 anni. "In Tanzania" -afferma l'articolo- "neanche 5.895 metri bastano piu' per resistere alla morsa del caldo".
Ma non si tratta solo di un fatto, per cosi' dire, estetico, o di un superfluo attaccamento sentimentale.
No -dice la ricerca dell'Universita' dell'Ohio- in gioco c'e' la vita di intere popolazioni, perche' "oltre al ghiacciaio della montagna piu' alta dell'Africa si sciogliera' quello del Semien, il serbatoio che alimenta il lago Tana. E, a sua volta, il lago Tana alimenta il Nilo Azzurro che svolge un ruolo determinante nella regolazione delle piene che da migliaia di anni assicurano la fertilita' delle pianure egiziane".
La neve abbevera le sorgenti. Come hai ragione, mia vecchia amica.
E le sorgenti abbeverano noi.
E noi, che facciamo?
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