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Tabacco. Le multinazionali cercano fumatori in Asia
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Articolo di Redazione
18 agosto 2010 10:34
 
Sei milioni. Secondo il centro studi Euromonitor e' il numero dei nuovi “adepti” che hanno ingrossato il numero dei fumatori in Asia nel 2009. 30 milioni di nuovi consumatori di tabacco dovrebbero ingrandire la cerchia dei dipendenti da nicotina da qui al 2014. Numeri che non sono sfuggiti alle multinazionali del tabacco che si sono concentrate in questa regione per migliorare i propri profitti.
Per Euromonitor questa parte del globo rappresenta da sola il 60% di tutti i fumatori del mondo. Che sono il 10% in Europa dell'Ovest, altrettanti in quella dell'Est e il 4,5% negli Usa. C'e anche da considerare che negli ultimi cinque anni i consumatori di tabacco nei Paesi sviluppati sono diminuiti del 4% grazie all'aumento dei prezzi, le politiche di sanita' pubblica, ma anche la crisi.
Risultato: circa il 60% delle sigarette vendute nel mondo lo e' in Asia, anche se, in valore assoluto i ricavi sono inferiori: il 36%. Il budget annuale del consumatore asiatico di tabacco e' di 52 Usd, mentre un fumatore europeo ne spende 333 e un americano 270: uno scarto dovuto alla differenze del prezzo di vendita delle sigarette. In Asia il costo medio del pacchetto e' di 1,20 Usd, rispetto ai 5,40 dell'Europa dell'Ovest e ai 5,20 degli Usa o ai 2 Usd dell'America Latina..
L'Asia, pero', non e' ancora omogenea, con realta' diverse ed evoluzioni in merito che presentano contraddizioni. Il principale motore e' in Cina, dove le sigarette vendute sono 400 miliardi negli ultimi cinque anni, consentendo un aumento mondiale del mercato di 289 miliardi di pezzi, rispetto ad un mercato -sempre mondiale- che ha registrato una flessione di vendite di 105 miliardi. La fetta cinese del mercato mondiale e' quindi passata dal 33,7% al 38,9% tra il 2004 e il 2009.
Un'altra particolarita' di questo mercato e' il controllo totale da parte dello Stato cinese, azionista della societa' “China National Tobacco Company”, un'azienda che si rivolge a 350 milioni di fumatori che, nel 2009, hanno contribuito, in tasse e utili, per 76 miliardi di Usd, con un aumento di 8,2 miliardi rispetto al 2008. Le tasse da sole sono state 61 miliardi Usd. Un contesto in cui le iniziative per scoraggiare il consumo di tabacco tardano a farsi vedere.
Al contrario in Giappone, secondo mercato asiatico delle sigarette, dove le preoccupazioni sanitarie hanno il sopravvento. I fumatori sono calati dal 24,9 al 23,9% in un anno, secondo uno studio pubblicato dall'azienda “Japan Tobacco”. Il Governo, soprattutto, ha in programma per ottobre un forte aumento delle tasse che dovrebbe tradursi in un aumento del 30% per il pacchetto di sigarette. Una politica che ha portato la “Japan Tobacco” a registrare un calo di vendite del 7,9% nel secondo trimestre di quest'anno. L'azienda giapponese, che al 50% ha lo Stato come azionista, punta sulla sua internazionalizzazione per compensare il calo del mercato interno, dove anche la concorrenza comincia a farsi sentire anche se essa da sola detiene due terzi del mercato.
Le altre due aziende internazionali in questa parte del mondo sono “Philip Morris International” (PMI), proprietaria di Marlboro o Chesterfield, e “British American Tobacco” (BAT), con le sue Lucky Strike o Dunhill. L'Asia, grazie ad Indonesia e Corea, nel 2009 ha rappresentato un quarto dell'attivita' della PMI. Soprattutto a febbraio, quando Marlboro ha siglato un accordo con “Fortune Tobacco”, leader nelle Filippine. Una delle particolarita' di questi mercati e' che rimangono sotto il dominio delle aziende locali. Dal suo canto, BAT nel 2009 ha comprato l'indonesiana Bentoel, mentre “Imperial Tobacco” (Davidoff, Gauloises, etc) e' ancora poco presente.
Le multinazionali osservano l'evoluzione del mercato cinese, che per loro e' completamente chiuso, e le ambizioni oltre-confine delle aziende di quel Paese. Altri non sono tranquilli perche' l'Asia e' la zona in cui maggiormente fiorisce un contrabbando che, se in Cina e' in calo, non e' cosi' altrove.
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