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L’uomo mobile nell’era della velocita’
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Articolo di Redazione
26 novembre 2017 17:56
 
 Ogni minuto partono 70 aerei di passeggeri nel mondo. In questo stesso momento, mentre stai leggendo questo articolo, piu’ di 10.000 aeromobili stanno solcando il cielo nello stesso tempo, cosi’ come si puo’ constatare in tempo reale su un sito web come Flight Radar: un insieme di dispositivi di volo che copre Paesi e Continenti. A bordo di essi, circa 1,5 milioni di persone prende posto per andare da una parte all’altra del Pianeta.
“Agli inizi del 1940, Parigi era a sei giorni di cammino dalla frontiera col Belgio, a tre ore in auto e un’ora in aereo. Oggi la capitale e’ vicina a qualunque altro luogo”, scrive il teorico francese di urbanistica Paul Virilio (Parigi, 1932) in “Speed and Politics” (velocita’ e politica), una saggio sulla tecnologia e sui rapporti tra velocita’ e potere. Non c’e’ mai stato nessuno che sia stato in grado di muoversi cosi’ come accade oggi. A questo ha contribuito la diffusione tecnologica di Internet, i telefonini e il boom del low cost: negli ultimi dieci anni, il mercato dei voli a basso costo si e’ quasi triplicato in Europa, dove due terzi della popolazione vive a meno di un’ora da un aeroporto.
Un biglietto aero costa oggi meno della meta’ rispetto al 1999, secondo l’associazione Internazionale del trasporto Aereo (IATA). ..... Come contropartita dei prezzi bassi, volare ha smesso di essere un lusso, e il passeggero della classe turistica ha a che fare con problemi tipo come mangiare un panino o, nei voli a lunga distanza, fare una serie di esercizi perche’ le gambe non si intorpidiscano.
“Oggi, piu’ della meta’ dei turisti si muove in aereo e aumenteranno fino a 1.000 milioni nel 2036”, dice John Leahy, direttore vendite di Airbus. In questo scenario di cieli saturati fanno breccia i voli a lunga distanza e senza scali, stimolati da una nuova generazione di aerei piu’ piccoli ed efficienti che consumano molto meno carburante ed offrono migliori tariffe.
E quando sembrava che tutto fosse stato inventato col trasporto low cost, e’ diventato popolare il basso costo col trasporto via autobus di imprese come FlixBus, che collega 1.200 destinazioni in 26 Paesi europei. L’altra rivoluzione e’ quella della condivisione dei propri mezzi, grazie a delle piattaforme che mettono in contatto i viaggiatori.
Viaggiare e’ sempre piu’ facile ed economico, ma questo ha delle conseguenze. L’eccesso di turisti minaccia di uccidere citta’ come Berlino, Venezia o Amsterdam. I suoi abitanti sono affetti da turismofobia. Amsterdam, che accoglie 18 milioni di visitatori ogni anno, ha deciso di proibire l’apertura di nuovi negozi per turisti nel centro, una decisione che cerca di evitare che i negozi di souvenir e di fast food rimpiazzino le attivita’ commerciali tradizionali.
“La facilita’ di viaggio si e’ trasformata quasi come se fosse un diritto sociale, come salute o educazione, o un bene pubblico, come acqua ed elettricita’, di cui nessuno possa esserne privato”, dice il sociologo francese Georges Amar, autore di “Homo mobilis, la nuova era della mobilita’”. “Ma andare il piu’ veloce possibile, il piu’ lontano possibile o il piu’ spesso possibile, non e’ la condizione necessaria ne sufficiente per una buona mobilita’. Quello che conta e’ la ricchezza delle opportunita’, la creazione di relazioni feconde, le esperienze, scoperte, attivita’ e fino alle pause fornite o favorite dai nostri movimenti”.
Secondo Amar, siamo appena entrati nell'era del movimento. E non sappiamo bene come comportarci, siamo come un bimbo in un negozio di caramelle. “Abbiamo scoperto che la mobilita’ e’ sia tanta che economica e la usiamo indiscriminatamente e protestiamo per qualunque limitazione. Siamo passati da un mondo in cui era l’eccezione, ad un mondo in cui e’ la normalita’, e questo e’ un altro mondo, altro spazio-tempo, altri immaginari con altri strumenti, servizi ed infrastrutture, con nuove regole e valori. Siamo appena arrivati al limite e dobbiamo imparare tutto di nuovo. Tutto e’ da scoprire, inventare, regolamentare. La cultura del movimento e’ ancora in fasce”.
La nozione di mobilita’ non e’ nuova. Nel settembre del 1991, un paio di escursionisti scopri' in un ghiacciaio del massiccio di Ötztal, nelle Alpi tra Austria e Italia, un uomo mummificato che era vissuto 5.300 anni fa, alla fine della preistoria. Ötzi o Similaun, come fu chiamato questo uomo del ghiaccio, aveva con se’ vari oggetti, e tra questi un’ascia di rame. Analizzando il metallo, un gruppo di ricercatori dell’Universita’ di Padova scopri’ che il metallo di quell’ascia proveniva dalla regione Toscana, a centinaia di chilometri dal luogo dove era stato scoperto. Eudald Carbonell, docente di Preistoria e archeologia, co-direttore degli scavi di Atapuerca, spiega nel suo libro “I sogni dell’evoluzione”, pubblicato da National Geographic, come il nostro sviluppo come specie vada in parallelo col movimento: “Il progresso umano e’ stato possibile grazie ai viaggi. I comportamenti che ci portano maggiori vantaggi di adattamento sono quelli che sono stati assimilati dalle diverse specie del genere Homo; quando non e’ stato cosi’, quelli che si sono meno adattati sono spariti. Abbiamo, comunque, una singolarita’: l’accelerazione temporale delle nostre acquisizioni. Attualmente succedono piu’ cose in un anno che non prima in un millennio”.
Che cosa ci spinge a viaggiare? Cosa ci fa essere un Homo mobilis? Una volta e’ stato chiesto all’oceanografo francese Jacques-Yves Cousteau che cosa lo aveva spinto ad esplorare i mari del Pianeta. “La curiosité”, rispose. La curiosita’. “Essere nomade una volta e’ sufficiente per convincerci che lo saremo ancora, e che l’ultimo viaggio non sara’ quello finale”, scrive il professore francese di filosofia Michel Onfray (Argentan, 1956). Il suo “Teoria del viaggio, poetica della geografia” e’ una manifesto a favore del nomadismo. “Il viaggiatore concentra in se’ il proprio gusto per il movimento, la passione per i cambi, il desiderio fervente di mobilita’, l’incapacita’ viscerale della comunione gregaria, la furia dell’indipendenza, il culto della liberta’ (…). Viaggiare presuppone quindi di respingere l’impiego del tempo in un lavoro nella civilta’, a beneficio dell’occhio inventivo e felice”.
“In quale momento comincia realmente il viaggio?”, si domanda Onfray. Quando chiudiamo la porta di casa. “Il primo passo ci mette, di fatto, in un intervallo in cui domina una speciale logica: non sono piu’ nel posto che ho lasciato, ma non ancora nel luogo previsto”. Sono i “non-luoghi” di cui parlava Marc Augé per riferirsi agli spazi delle confluenze anonime, come le stazioni o gli aeroporti, in contrapposizione con gli altri in cui viviamo e ci relazioniamo.
I nuovi aeroporti non sono solo luoghi di partenza o di arrivo: si sono trasformati in grandi centri per passare il tempo. Luoghi come Changi (Singapore), considerato il miglior aeroporto al mondo, Dubai o Schiphol (Amsterdam), dove c’e’ una succursale del Rijksmuseum con opere originali del XVII secolo. “Gli aeroporti definiranno l’ubicazione del business e dello sviluppo delle citta’ nel secolo XXI, cosi’ come le autostrade lo sono state nel secolo XX e i porti nel secolo XIX”, dice John Kasarda, direttore del Kenan Institute of Private Enterprise dell’Universita’ della North Carolina, che ha coniato il termine aerotrópolis per riferirsi a una citta’ creata intorno a un aeroporto. Il terminal si converte in un centro urbano, e intorno ad esso si crea una complessa rete di business, infrastrutture, alloggi e spazi per il tempo libero, con una popolazione che vi abita in permanenza e un mondo operoso che vuole essere vicino alle piste perche’ “i tempi e i costi di muovere persone e prodotti da e per l’aeroporto si sono trasformati in un fattore determinante”. E’ il caso del distretto tecnologico e finanziario di Songdo, legato all’aeroporto internazionale Incheon di Seul, a meno di quattro ore di volo di un terzo della popolazione mondiale.

(articolo di Isidoro Merino, pubblicato sul quotidiano El Pais del 26/11/2017)
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