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CONDONO EDILIZIO.
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Comunicato 
3 marzo 1999 0:00
 
LO STATO SI E' INVENTATO IL CONDONO SUL CONDONO , ANCHE PER SE' STESSO, MA A SPESE DEL CONTRIBUENTE.

Firenze, 3 Marzo 1999. Lo scorso 3 febbraio la Camera ha approvato un collegato alla Finanziaria '99, e all'art.16 stabilisce che i contribuenti, entro il 31 maggio 1999, dovranno presentare all'Ufficio del registro copia della concessione edilizia in sanatoria ottenuta in seguito al condono, oppure un'attestazione comunale che la pratica e' in via di definizione. Pena la decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui si usufruisce, con effetto retroattivo.
E' una storia infernale con altrettanto meccanismo infernale. Cosi' commenta il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito. Si sono inventati il condono sul condono, per far fronte all'incapacita' dello Stato di esigere il dovuto e di informare i contribuenti di quanto e cosa dovevano, perche' per quest'ultimi si tratta solo di questo, perche' non si capisce quale interesse avrebbero avuto a non depositare i documenti.
Vediamo il fatto. Nel '94 fu approvata la legge 656/94 e reiscritto l'art.46, dove si stabiliva che entro sei mesi dovessero essere fatte le stesse cose che, ora, si chiede di fare entro il 31 maggio 1999. La novita', rispetto alla normativa precedente, era che, a pratica ancora aperta, non si doveva piu' ogni anno depositare gli stessi documenti fino alla definizione . Ma, grazie alla totale assenza di informazione da parte degli uffici preposti, quasi nessuno fece questi depositi, e, soprattutto, lo Stato non si e' mai curato di ricordaglielo. Da qui, il 3 febbraio scorso, la reiscrizione dell'art.46.
Ma, facendo decadere in modo retroattivo le agevolazioni, cosa succedera' per chi ha acquistato un immobile condonato, con l'iva al 4% perche' prima casa? Dovra' ripescare il proprietario e chiedergli se ha ottemperato al deposito, e se non lo trova dovra' immergersi nell'Ufficio del Registro per verificare questo deposito; e se alla fine (ammesso che qualcuno sia in grado di scrivere la parola fine ad una ricerca del genere) non avesse certezza del deposito, non gli resta che la revoca, cioe': il pagamento della differenza di quanto pagato con l'agevolazione e di quanto avrebbe dovuto pagare, con l'aggiunta, ovviamente, delle sanzioni per il ritardo, che, se per le imposte dirette arrivano fino al 30%, per le imposte di registro e Invim si va anche al 100/200% in piu'.
Ed essendo lo Stato da solo, senza alcuna specifica richiesta da parte del contribuente, ad aver messo in moto questo meccanismo, e' evidente che alle spalle ci sara' una voragine di tributi non riscossi o riscuotibili vessando il contribuente che non riuscira' a mettersi in regola o che, magari, avendo comprato la casa da decine d'anni, non e' un attento lettore delle riviste specializzate su Fisco e mercato immobiliare.
Non si capisce perche', infine, debba essere il contribuente a trasmettere questi documenti all'Ufficio del Registro e non l'ufficio condono edilizio del Comune; in particolare per le pratiche che non sono ancora concluse e che vanno avanti da piu dieci anni, e non certo per colpa del contribuente. O forse si capisce bene: perche' con questo metodo, in quel ginepraio che e' la logica dei condoni e delle leggi che li regolano, le possibilita' di errore sono altissime, ed e' meglio che sbagli il contribuente, cosi'
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