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NEW ECONOMY, INCENTIVI E TASSE
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Comunicato 
2 marzo 2000 0:00
 


LE INTENZIONI DI FRENARNE LO SVILUPPO STANNO PROCEDENDO SPEDITE

Firenze, 2 Marzo 2000. Il ministro dell'Industria, Enrico Letta, ha fatto sapere che sta preparando proposte di agevolazione per lo sviluppo dell'E-Commerce e, piu' in generale, delle New-Economy.
Interviene il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Sembrerebbe una notizia positiva, ma, per coglierla nella sua valenza fiaccante, va letta inserendola in un contesto europeo e italiano.
La Commissione europea sta gia' studiando una direttiva che, presentata alla meta' di questo mese, dovrebbe indicare le norme fiscali a cui gli Stati membri dovranno uniformarsi per gli acquisti e le vendite online. Considerate le premesse degli scorsi mesi, non e' difficile immaginare che si tratta dell'applicazione di tutte le norme fiscali esistenti, soprattutto quell'Iva che il consumatore finale paga e basta, come valore aggiunto. E questo mentre negli Usa (almeno a livello federale), si sta facendo il contrario … e che l'economia Usa stia volando rispetto ai numeri risicati di quella europea e italiana, non e' un'invenzione; come non e' un'invenzione che Lira ed Euro non riescono a reggere alcun confronto con il dollaro Usa.
Il ministro Letta propone agevolazioni alle piccole e medie imprese per la costruzione di quei motori di ricerca che oggi vengono vezzosamente chiamati portali, come se le agevolazioni in se' possano essere foriere di benessere, nuovi lavori e nuovi consumi. Il ministro dell'Industria ragiona nel filone della falsa privatizzazione e liberalizzazione del mercato, del lavoro e dei consumi italiani, che il Governo di cui e' parte (come quelli precedenti) sta spacciando per rispetto ed adesione alle direttive comunitarie (basterebbe il solo elenco delle infrazioni in materia sotto la lente Ue, per far impallidire di vergogna anche il piu' timido e pacato liberalizzatore). Il ministro non considera che cio' che favorirebbe le New-Economy (l'esempio Usa e' sempre quello valido) non sono concessioni e aiuti dello Stato all'interno di un sistema rigido di regole imprenditoriali e lavorative, ma l'assenza di questo Stato, lasciando alla liberta' d'impresa e di lavoro la possibilita' di essere tale.
Facciamo un esempio: perche' una piccola azienda dovrebbe guadagnare di piu' e fare prodotti piu' competitivi ed economici per il mercato, se l'unica novita' e' un "portale" che gli costa meno, cosi' come fa oggi con le agevolazioni che riesce ad ottenere per questa o quella macchina? I rapporti di lavoro e i contratti dello stesso, cosi' come oggi sono un vincolo contro uno sviluppo libero, perche' non dovrebbero esserlo domani? A maggior ragione se si considera che i mezzi di produzione e di distribuzione nelle New-economy sono meno rigidi e, per esempio, non comportano che tutti gli addetti entrino in fila la mattina al suono della sirena e stiano dentro le fabbriche/galere per le mitiche otto ore, tutti con lo stesso contratto gestito dal sindacato controllore? Anzi, quest'ultime forme di organizzazione del lavoro sono proprio le nemiche delle New-Economy che, invece, per decollare, hanno bisogno di costi del lavoro piu' bassi, mobilita', duttilita' e reversibilita': tutti elementi che compongono e stimolano la parte creativa del prestatore d'opera, senza la quale (la parte creativa) non si decolla.
Lo scenario, quindi, e' abbastanza sconsolante e foriero di sventure e frenate, nonche' di inviti all'abbandono: della legalita' o del suolo natio.
Ci preme mettere sull'avviso tutti gli attori di questo spettacolo ambulante, perche' i registi stanno -con incapacita' e mancanza di prospettive- curando una messa in scena di esclusivo remake, con un contorno di gamberi che tira il carrozzone.
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