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Le feste comandate, il commercio, gli scioperi, il default
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Editoriale di Vincenzo Donvito
23 aprile 2018 17:50
 
 Si rinnova l’invito dei sindacati del commercio ad astenersi dal lavoro nel corso di una festa comandata, il 25 aprile in questo caso (1). Il richiamo, ovviamente, e’ ai “valori civili e religiosi che queste festività rappresentano”. Chissa’ cosa ne penseranno i lavoratori dei bar che, lungo il percorso dei cortei dei festeggiamenti della ricorrenza della Liberazione, rifocillano i manifestanti, E cosa ne penseranno i lavoratori che montano e gestiscono le strutture per i palchi, le amplificazioni e tutto il resto che serve alle suddette manifestazioni (a parte i volontari, ovviamente… che comunque sono una piccola quantita’). E poi i lavoratori delle ferrovie, dei mezzi pubblici, degli aeroporti e dei porti. E quelli dei ristoranti dove i manifestanti sempre della stessa ricorrenza, con compagni ed amici, dopo si recheranno per continuare a festeggiare intorno ad una tavola bandita. E i lavoratori che controllano l’erogazione di servizi importanti come energia e comunicazioni e sanita’? Possibile che il mondo di coloro che soffrono per la presunta impossibilita’ di festeggiare questa ricorrenza, sia solo quello del commercio al dettaglio? Certo, chi fa l’appello a questo sciopero sono i sindacati del settore del commercio… ma non sono, proprio loro, parte di quei sindacati che, proprio perche’ confederali, dovrebbero avere una visione dell’insieme piu’ armonico al mondo del lavoro e della produzione? E poi, perche’ non chiamare allo sciopero anche tutte quelle persone che svolgono lavoro domestico, o le badanti, gli assistenti delle diffuse poverta’ (che non sempre sono volontari)?
Insomma c’e’ qualcosa che non torna. Sembrano come quei vecchi prelati cattolici che, siccome la domenica sono sempre meno le persone che vanno alla messa (nonostante alcune messe si svolgono il sabato pomeriggio e “valgono” anche per il conteggio delle presenze domenicali), dal pulpito lanciano strali contro il lavoro domenicale che costringe le famiglie a non essere tutte sui banche delle chiese (sempre ovviamente senza quei lavoratori che abbiamo elencato prima). Vecchi prelati che sono sempre meno visto il bagno di realismo che in quella chiesa sta facendo l’attuale papa.
Insomma, saremo ottusi, prevenuti, ideologici, stupidi, indisponibili, preconcetti… ma continuiamo a non comprendere la logica di questo appello alla mobilitazione dello sciopero. Sara’ forse una questione di affermazione di un potere che viene sempre meno, sempre piu’ eroso dalla cantilena dell’abitudine che non porta a niente e contraddice la quotidianita’ dei piu’? E’ probabile e ce ne dispiace. La nostra idea di sindacato, di difesa dei diritti dei lavoratori, e’ forte e dinamica e, soprattutto, credendo che un sindacato debba essere espressione dei lavoratori stessi. Ma ci viene il dubbio che il rapporto si sia incrinato, con istanze che vengono rivendicate dai rappresentanti solo in nome di se stessi, dove questi ultimi sono quelli che permangono tali per routine di poteri, con la cosiddetta base finita chissa’ dove…. E poi, visto che i nostri sindacati parlano di lavoro e consumi in calo nonostante alcune tenue forme di liberalizzazione in corso… forse e’ meglio che si vadano a leggere i dati dell’Istat e non solo il bofonchiare di quelli che non vedono oltre il proprio naso.

nota
1 . "Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil regionali della Toscana tornano a ribadire che la completa liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali e festive, anno dopo anno, si sta rivelando disastrosa, non ha portato nessun aumento dell'occupazione e nessun aumento dei consumi. Sono peggiorate le condizioni di lavoro, gli orari, la vita delle lavoratrici e dei lavoratori, è aumentata solo la precarietà". E' quanto si legge in una nota di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil della Toscana. "Il commercio -continua la nota- non è un servizio essenziale: no a lavorare per le feste. Filcams, Fisascat e Uiltucs chiedono alle forze politiche, soprattutto a quelle che hanno vinto le elezioni, di essere coerenti con quanto annunciato in campagna elettorale e di abrogare la Legge Monti sulle liberalizzazioni. No al sempre aperto, sì a un modello sostenibile del commercio. Serve rispetto per il 25 aprile, Festa della Liberazione. L'antifascismo è ancora oggi un valore da perseguire e difendere". "Per città più vivibili, all'insegna della cultura e non del solo consumo, per la difesa dei valori civili e religiosi che queste festività rappresentano, le segreterie regionali proclamano l'astensione dal lavoro e lo sciopero per mercoledì 25 aprile. Sottolineando quanto molte sentenze hanno sancito: il lavoro nelle festività civili e religiose individuate dal contratto nazionale non è un obbligo e il lavoratore non può essere comandato al lavoro senza il proprio assenso. La festa non si vende", conclude la nota. (agenzia Adnkronos)
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