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 MESSICO - MESSICO - Guerra alla droga. 2343 omicidi ad aprile
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23 maggio 2018 7:37
 
In aprile in Messico sono stati registrati 2343 omicidi, il 68 per cento dei quali (1595) per arma da fuoco. Lo riferisce il quotidiano "Milenio" citando dati del registro nazionale dei reati. Quello di aprile 2018 si colloca cosi' al terzo posto della classifica dei mesi piu' violenti della storia messicana dall'istituzione del registro nel 1997. Inoltre, commenta il quotidiano, se uniti ai dati di marzo il numero di omicidi dei due mesi identificano il bimestre piu' sanguinoso. Su aprile il registro segnala 70 femminicidi, un numero invariato rispetto alla stima di aprile 2017. In leggero calo, infine, i sequestri di persona: i dati ufficiali testimoniano di 80 casi, rispetto ai 94 denunciati il mese precedente.
Il quotidiano riferiva di recente che nei primi quattro mesi dell'anno 5.332 persone sono state uccise in Messico in seguito ad azioni legate alla criminalita' organizzata. Le morti violente registrate in tutto aprile, riferisce il quotidiano "Milenio", sono gia' oltre la meta' di quelle contate in tutto il 2013 e due terzi di quelle del 2014. Il numero di omicidi per il primo quadrimestre e' il piu' alto dall'analogo periodo del 2013. L'ondata di violenza ha portato sin qui alla poco rassicurante media di 44,4 morti al giorno. Nel 2010, anno considerato tra i piu' violenti della storia recente del Messico, la media era di 34,7 persone uccise al giorno. Il paese si trova del resto sempre piu' a fare i conti con i problemi legati alla criminalita' comune e organizzata. Nel 2017 ha registrato uno tra i piu' alti livelli di violenza degli ultimi anni. Il Sistema nazionale della sicurezza pubblica (Snsp) messicano censiva il numero record di 29.159 denunce per omicidi dolosi in tutto il 2017, un incremento del 27 per cento rispetto all'anno precedente. Si tratta della cifra piu' alta degli ultimi venti anni e fissa la media di omicidi al giorno a quota 79. Battuti i record negativi del 2011, anno in cui vennero contati 22.409 omicidi intenzionali.
Sono almeno 88 i politici messicani che sono stati uccisi dall'8 settembre del 2017, inizio della campagna per le elezioni generali del 1 luglio. Lo riferiscono i media messicani attingendo al rapporto dell'agenzia specializzata in rischi, Etellekt. I dati parlano di una media di undici personalita' politiche - tra candidati a una delle tante cariche in palio a luglio, sindaci ed ex sindaci, dirigenti di partito - uccise ogni mese. Le situazioni di maggiore allerta sono nello stato di Hidalgo, poco sopra quello di Citta' del Messico, dove - secondo quanto riferisce il direttore della Etellekt, Ruben Salazar -, sarebbe alto il problema del furto e contrabbando di combustibili. Nello stato meridionale di Guerrero, dove si trova la onta localita' turistica di Acapulco, e' invece sensibile l'allerta per il traffico di papavero e di componenti per la produzione di sostanze stupefacenti.
Il Messico fa intanto i conti con i nuovi limiti imposti alla legge sulla Sicurezza interna, il provvedimento voluto dal presidente Enrique Pena Nieto per disciplinare l'intervento delle Forze armate nelle attivita' di polizia per contrastare la criminalita' nel paese. Nei giorni scorsi due pronunciamenti effettuati da altrettanti tribunali hanno sancito la potenziale incostituzionalita' di una legge al centro di un ampio dibattito nel paese nordamericano. I tribunali, riassume oggi "El Economista", hanno stabilito l'inapplicabilita' di alcune norme nei confronti dei ricorrenti ma ora rimane aperto il capitolo della vera e propria costituzionalita' della legge. La questione potra' essere sciolta solo dall'intervento della Corte suprema di giustizia, in risposta i ricorsi presentati da varie autorita' tra cui la Commissione nazionale diritti umani, le due aule del parlamento, alcuni municipi. Un pronunciamento riassume il quotidiano "Vanguardia" citando fonti della magistratura, che potrebbe portare via molto tempo.
I verdetti emessi la settimana scorsa, come detto, non cancellano dunque la legge ma garantiscono per i ricorrenti la protezione in alcuni casi. Per Fernando Silva, giudice amministrativo di Citta' del Messico, la legge e' parzialmente "incostituzionale" perche' comporta "un rischio per l'esercizio dei diritti fondamentali delle persone", dal momento che "l'autorita' militare difficilmente puo' sottrarsi al regime di comando e addestramento per il quale e' stato creato". I pericoli vengono dal fatto che l'esercito interverrebbe per funzioni "diverse da cui e' stato reato", oltre al fatto che la Costituzione stabilisce che l'impegno delle Forze armate in tempo di pace e' decisione che puo' prendere solo il presidente della Repubblica. Il legislatore, obietta il giudice accogliendo il ricorso presentato dallo studio "Terra e liberta'", ha al contrario previsto che la sola entrata in vigore della legge permette automaticamente l'intervento dei militari. E ancora, nel caso si volessero impegnare per compiti di sicurezza interna, i militari dovrebbero essere comunque subordinati alle autorita' civili. Il giudice distrettuale di Guanajato ha da parte sua definito "troppo vaghe e imprecise" le competenze attribuite ai militari nella gestione delle manifestazioni o delle proteste di piazza. Indefinitezza che di per se rende precario l'esercizio della difesa dei diritti umani. La legge, frutto di una proposta del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) e dei suoi alleati di governo, fissa paletti legali all'uso delle Forze armate nel contrasto alla delinquenza interna. L'ingresso dell'esercito nelle operazioni di polizia interna era stato deciso nel 2006 dal governo dell'ex presidente Felipe Calderon, come risposta di emergenza alla crescente criminalita' nel paese. Ma da allora il fenomeno della delinquenza e' andato numericamente in continuo crescendo. Sin dall'inizio dell'intenso dibattito che ha portato alla approvazione, la legge attuale e' stata oggetto di numerose critiche da parte delle opposizioni e dei difensori dei diritti umani. Il provvedimento, sostengono i detrattori, rende di fatto legale il ruolo dell'esercito come corpo di polizia, in contrasto con le norme poste dalla costituzione su divisione dei poteri e rispetto delle liberta' individuali e con i principi base delle democrazie contemporanee. Diverse modifiche sono state approvate in corso d'opera per cercare di mitigare le critiche. Per riaffermare che non si tratta di militarizzare il paese, il nuovo articolo 22 afferma che le rispettive autorita' interverranno in caso di minaccia "cooperando nell'ambito delle rispettive competenze e sotto il coordinamento dell'autorita' designata". Qualora la situazione "non richieda l'intervento delle forze armate, il presidente designera' l'autorita' civile corrispondente su proposta del ministro dell'Interno". C'e' poi l'articolo 7, che stabilisce che "gli atti compiuti nell'ambito dell'applicazione della legge devono rispettare, proteggere e garantire in ogni momento e senza eccezioni, i diritti umani, in conformita' con le disposizioni della Costituzione e trattati e protocolli internazionali emessi dalle autorita' competenti" e l'articolo 8, nella cui versione emendata si legge che "le mobilitazioni di protesta sociale o quelle che hanno un movente politico-elettorale che si svolgono in conformita' con la Costituzione, non saranno considerate in nessun caso minacce alla sicurezza interna"."Per decenni, le nostre organizzazioni hanno documentato i costi in termini di diritti umani di schierare soldati nelle strade messicane come strategia per combattere la criminalita' organizzata", si legge in un comunicato congiunto diffuso prima dell'approvazione della legge da Amnesty international, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura e dall'Ufficio di Washington sull'America latina (Wola). "Nel contesto di questa strategia di sicurezza, abbiamo anche documentato gli ostacoli che il sistema di giustizia civile deve affrontare per sanzionare gli abusi commessi da organizzazioni criminali e forze di sicurezza messicane, nonche' l'impunita' che prevale nella maggior parte di questi casi".
Tra le altre voci critiche nei confronti della legge c'e' quella dell'organizzazione Human rights watch. "Il disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati del Messico aumenta la presenza dell'esercito ma non fa nulla per aumentare la trasparenza delle operazioni militari o la responsabilita' nei confronti del personale militare che commette abusi", ha denunciato Daniel Wilkinson, direttore generale di Human Rights Watch per l'America, poco dopo l'approvazione della Camera. "Il Messico ha fatto molto affidamento sulle sue forze armate per combattere il crimine organizzato da oltre un decennio, ma i risultati sono stati disastrosi. Il paese ha un disperato bisogno di migliorare le sue capacita' di applicazione delle leggi, ma far riferimento per questo a un esercito che detiene un terribile primato di oltraggi ai diritti umani non e' la risposta", ha dichiarato Wilkinson.
Human Rights watch ribadisce che la proposta di legge non include misure per rafforzare le istituzioni di polizia civile, ne' una strategia di uscita per porre fine all'uso delle forze armate nelle forze dell'ordine. "La legge non include nemmeno misure per assicurare il controllo e la supervisione civili in modo indipendente dalle operazioni militari, o per assicurare che le autorita' civili perseguano adeguatamente gli abusi militari", scrive l'associazione in un comunicato. "Deve esserci un dibattito molto piu' serio sui problemi di sicurezza in Messico", ha detto Wilkinson. "E' incredibile che dopo piu' di dieci anni di terribili e tragici risultati, il Congresso messicano voglia insistere in una strategia militarizzata di applicazione della legge che si e' rivelata un fallimento estremamente costoso".
Lo scorso 5 dicembre anche l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra'ad al-Hussein, ha chiesto al Senato messicano di non approvare il progetto di legge. In una dichiarazione in cui riconosce le enormi sfide di sicurezza cui il paese deve fare fronte, il funzionario Onu ricorda come dopo piu' di un decennio dall'impiego delle forze armate nella lotta alla droga "continuano a registrarsi casi di violenza, esecuzioni extragiudiziali, torture e sparizioni formate da parte di attori statali e non". "Adottare un nuovo quadro giuridico per regolare le operazioni delle forze armate nella sicurezza interna non e' una risposta", ha detto Zeid Ra'ad al-Hussein, secondo cui il disegno di legge rischia di indebolire il ruolo delle autorita' civili.
(agenzia stampa Nova)
 
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